Antonio Di Maro | Architetto Napoli https://www.antoniodimaro.it Antonio Di Maro | Architetto Napoli Tue, 22 Feb 2022 15:14:32 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=5.3.18 Riqualificazione Palazzo dello Spagnolo, alcune proposte utili https://www.antoniodimaro.it/riqualificazione-palazzo-dello-spagnolo-alcune-proposte-utili/ https://www.antoniodimaro.it/riqualificazione-palazzo-dello-spagnolo-alcune-proposte-utili/#respond Tue, 22 Feb 2022 15:14:32 +0000 https://www.antoniodimaro.it/?p=4954 Il palazzo dello Spagnolo di Napoli è un edificio tra i più caratteristici del capoluogo campano. Ma si potrebbe fare qualcosa di più per garantirne la conservazione e la valorizzazione? Vediamolo insieme. Storia Il palazzo dello Spagnolo venne edificato a […]

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Il palazzo dello Spagnolo di Napoli è un edificio tra i più caratteristici del capoluogo campano. Ma si potrebbe fare qualcosa di più per garantirne la conservazione e la valorizzazione? Vediamolo insieme.

Storia

Il palazzo dello Spagnolo venne edificato a partire dal 1738 dal marchese Nicola Moscati, che decise di unire due precedenti edifici ricevuti in dote dalla moglie. A curare e seguire i progetti e le varie costruzioni, fu l’architetto Ferdinando Sanfelice. Oggi questo splendido edificio storico, situato nel cuore pulsante della città di Napoli è diventato un importante emblema culturale ed artistico.

Il nome attuale del palazzo risale al XIX secolo, quando gli appartamenti del primo e secondo piano dell’edificio furono ceduti ad un nuovo proprietario, Tommaso Atienza detto “lo Spagnolo”. A questo periodo storico risalgono tantissimi affreschi decorativi realizzati nelle sale del palazzo, ma che purtroppo oggi sono andati perduti quasi del tutto. Nel corso degli anni il palazzo è diventato proprietà di diverse famiglie, fino ad essere poi dichiarato nel 1925 da Umberto di Savoia, monumento nazionale.

I racconti storici legati a questo emblematico edificio sono davvero tantissimi, si narra infatti, che le sale del Palazzo dello Spagnolo fossero frequentate abitualmente da Carlo III di Borbone, il quale, spesso si fermava per sostituire i propri cavalli.

Il Palazzo Spagnolo in epoca moderna

Riqualificazione Palazzo dello Spagnolo nel quartiere Sanità a NapoliNel corso del tempo, l’intero edificio fu pian piano diviso in tante piccole parti, che oggi appartengono a proprietà private differenti. Attualmente, l’ultimo piano del Palazzo dello Spagnolo di Napoli appartiene alla regione Campania, che si occupa del mantenimento e del restauro degli appartamenti.

Per il secondo e terzo piano dell’edificio, invece, è stato riservato un progetto molto importante e cioè, quello di realizzare un grande museo dedicato al famosissimo Totò. Si tratta, però, di un’idea che ancora non ha visto sviluppi concreti, per ora resta un bellissimo progetto da attuare.

Per l’epoca moderna in cui viviamo il Palazzo dello Spagnolo rappresenta un posto di grandissimo rilievo, non solo per la sua natura nobiliare, ma anche perché un tempo ospitava l’Istituto delle Guarattelle.

Il popolo partenopeo è molto legato alla tradizione artistica dei burattini, e all’interno del palazzo il museo dedicato a burattini e maschere locali, era un punto di riferimento per i cittadini napoletani.

Il suo affascinante stile architettonico

Riqualificazione Palazzo dello Spagnolo nel quartiere Sanità a NapoliIl Palazzo dello Spagnolo è caratterizzato dalla bellezza e dal fascino intramontabile dello stile architettonico Barocco napoletano. Uno degli elementi architettonici più emblematici dell’edificio è sicuramente la scala a doppia rampa che caratterizza una parte della facciata interna del palazzo storico. È proprio l’imponenza di questa doppia scala a rendere davvero unico e suggestivo il Palazzo dello Spagnolo di Napoli.

Oltre agli elementi architettonici di forte impatto estetico, anche le decorazioni sono molto caratterizzanti. La maggior parte degli stucchi decorativi, infatti, rispecchiano perfettamente lo stile unico del rococò e furono realizzate nel 1740. Gli stucchi decorativi non compaiono solo sulle pareti, ma sono anche un elemento caratterizzante delle porte del palazzo. Qui infatti, gli stucchi ritraggono i volti dei vari componenti della famiglia che un tempo abitava le sale del palazzo.

La bellezza suggestiva ed affascinante del Palazzo dello Spagnolo di Napoli ha incuriosito anche tantissimi registi, diventando lo scenario perfetto per moltissime pellicole cinematografiche di successo. Alcuni dei film più importanti come ad esempio, il Giudizio Universale di Vittorio De Sica, in alcune scene hanno visto protagonista questo spettacolare ed emblematico Palazzo storico di Napoli.

Quartiere e dintorni: come riqualificare la zona

Il palazzo dello Spagnolo nasce nel cuore pulsante della città di Napoli, in particolare, nel Rione Sanità, una zona ricca di storia e cultura, che spesso non viene valorizzata come meriterebbe. Nei dintorni di questo splendido edificio storico, troviamo l’antica Via Vergini, una strada che penetra tutto il primo tratto meridionale del borgo dove sporge il Palazzo. Da qui è possibile arrivare alla piazzetta dei Vergini e continuare ad ammirare le bellezze artistiche e architettoniche degli altri palazzi antichi del rione.

Nei dintorni è possibile ammirare anche la famosa Porta San Gennaro, Piazza Cavour, e continuare in discesa verso Via Foria, giungendo a Piazza Carlo III. In particolare, però, concentriamo la nostra attenzione sul borgo dei vergini e sulla zona del Rione Sanità, dive sorge il Palazzo dello Spagnolo. Quest’area della città, purtroppo, come abbiamo già detto, non viene sempre valorizzata come meriterebbe, nonostante ciò, per fortuna, è sempre piena di turisti incuriositi ed affascinati dalle sue bellezze, provenienti da tutto il mondo.

A proposito di turismo, se si pensa ad una immediata riqualificazione della zona e quindi, anche dello stesso Palazzo dello Spagnolo, si potrebbe puntare proprio sul grande potenziale turistico che ha tutta la città di Napoli. Il miglior modo per valorizzare il quartiere e riqualificare gli edifici storici, è sicuramente sfruttare il turismo costante ed in forte crescita, che si muove in città durante tutti i periodi dell’anno.

Napoli, infatti, è una delle mete preferite dai turisti provenienti da ogni parte d’Italia e del mondo, si tratta inoltre, di un turismo che non è stagionale, come in altre città, ma si distribuisce durante tutto l’anno, sia nei mesi invernali, sia in quelli estivi. In particolar modo, il periodo invernale che attira maggiormente i turisti è quello natalizio, durante il quale l’arte presepiale fa da protagonista lungo l’antica strada di San Gregorio Armeno.

Il Palazzo dello Spagnolo e il suo antico Rione Sanità, sono l’emblema del barocco napoletano e necessitano di una riqualificazione che possa evidenziare e valorizzare al massimo le bellezze artistiche, architettoniche e culturali della zona, ma anche tutte le tradizioni legate ai luoghi più antichi della città. L’edificio, nonostante abbia conservato un fascino unico ed irresistibile durante tutti questi anni, attualmente necessita di alcuni interventi di restauro e ripristino.

Purtroppo, tantissimi dei suoi affreschi su parete si sono quasi totalmente persi, col trascorrere del tempo ed è una grave perdita artistica per la storia dell’arte napoletana. Valorizzare e riqualificare questo importantissimo edificio storico, significherebbe anche incentivare maggiormente il turismo, avvicinandolo ad uno dei quartieri più antichi e affascinanti di Napoli.

Gli interventi, ovviamente, potrebbero interessare non solo le pareti interne di alcune sale importanti, ma anche quelle esterne al palazzo, lungo le bellissime e famosissime scalinate e quelle intorno ai portoni antichi.

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Architettura sostenibile nelle grandi città: l’esempio di Milano https://www.antoniodimaro.it/architettura-sostenibile-nelle-grandi-citta-lesempio-di-milano/ https://www.antoniodimaro.it/architettura-sostenibile-nelle-grandi-citta-lesempio-di-milano/#respond Thu, 27 Jan 2022 20:43:24 +0000 https://www.antoniodimaro.it/?p=4947 Di recente il concetto di sostenibilità sta sensibilizzando la maggior parte delle persone, anche in tantissimi settori relativi al design e all’architettura si cercano le migliori soluzioni per tutelare l’ambiente. In particolar modo, sta influenzando positivamente le grandi città italiane, […]

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Di recente il concetto di sostenibilità sta sensibilizzando la maggior parte delle persone, anche in tantissimi settori relativi al design e all’architettura si cercano le migliori soluzioni per tutelare l’ambiente.

In particolar modo, sta influenzando positivamente le grandi città italiane, soprattutto Milano. Già durante gli ultimi decenni, infatti, Milano sembra aver accolto pienamente l’idea di una trasformazione urbana basata sull’ecosostenibilità.

Questa importante città italiana è diventata in poco tempo la protagonista di numerosi progetti di architettura ecosostenibile, sviluppati mediante la realizzazione di edifici urbani molto efficienti dal punto di vista energetico e capaci di limitare l’impatto ambientale.

In una grande metropoli come Milano l’obbiettivo principale è quello di continuare con l’ideazione e la realizzazione di sempre più edifici che possano sfruttare a pieno le risorse naturali e rinnovabili, creando allo stesso tempo un contesto urbano di riqualificazione degli spazi.

Il concetto di eco sostenibilità

Come abbiamo già anticipato, negli ultimi anni si parla spesso del concetto di eco sostenibilità e di sviluppo sostenibile, c’è un impegno costante che mira a tutelare l’ambiente riducendo l’impatto dell’inquinamento.

Relativamente a questo concetto, la Commissione delle Nazioni Unite sull’ambiente e lo sviluppo si è espressa definendo lo sviluppo sostenibile come uno sviluppo che soddisfa i bisogni del presente, senza compromettere le future generazioni. È proprio questo l’obbiettivo della sostenibilità, azzerare gli sprechi, ridurre le emissioni nocive e procedere ad una crescita economica e sociale basata sul rispetto dell’ambiente circostante.

Ovviamente il concetto di sostenibilità si estende a diversi settori, non solo quello realtivo all’edilizia urbana, che abbiamo già citato, ma anche a quello agro-alimentare, ai settori dell’abbigliamento, e a tanti altri. Si tratta, quindi, di un forte cambiamento sociale che mira a ridurre le conseguenze negative delle azioni dell’uomo sull’ambiente.

I vantaggi di un edificio sostenibile

Architettura sostenibile a MilanoNel nostro paese il settore dell’edilizia urbana sta facendo numerosi progressi relativi proprio al concetto di sostenibilità, in particolare nelle grandi metropoli come Milano. A questo proposito, è importante evidenziare i vantaggi che derivano dalla realizzazione di edifici urbani ecosostenibili.

L’architettura in questo senso cerca di realizzare concretamente progetti capaci di limitare l’uso delle risorse, provocando un basso impatto ambientale e un conseguente livello alto di benessere di ogni singolo cittadino. Gli edifici ecosostenibili hanno tutti delle caratteristiche ben precise e offrono numerosi vantaggi.

Ad esempio, sono caratterizzati da un’ottima efficienza energetica, data dal rispetto di regole di bioedilizia che migliorano le capacità energetiche e nello stesso tempo, salvaguardano l’ambiente sfruttando risorse naturali. Uno degli esempi più comuni, è l’istallazione dei pannelli solari.

Un’altra caratteristica degli edifici energeticamente sostenibili è quella relativa al loro orientamento, è importante in fase di costruzione fare riferimento all’esposizione e all’orientamento delle abitazioni. In questo modo, è possibile sfruttare al massimo le ore di luce naturale e di soleggiamento, riducendo l’utilizzo dell’illuminazione artificiale.

All’interno degli edifici energeticamente sostenibili, inoltre, è importante creare delle abitazioni intelligenti, cioè smart home. L’Ambiente domestico, in questo modo, oltre ad essere più funzionale, pratico e comodo, ci permette di ridurre al massimo i consumi e gli sprechi di energia, facendoci utilizzare le varie risorse solo quando ci occorrono realmente. La cosiddetta “casa intelligente” ci aiuta a gestire perfettamente i nostri elettrodomestici e dispositivi tecnologici.

Sostenibilità ambientale a Milano

Architettura sostenibile nelle grandi città come MilanoLa città di Milano si è sempre dimostrata molto aperta alle novità e ai cambiamenti innovativi, anche in relazione al concetto di sostenibilità ambientale. Già nel 2014 Milano è stata protagonista dell’inaugurazione del rivoluzionario Bosco verticale, il concepimento di un edificio singolo che ricade in un progetto più ampio di rigenerazione ecosostenibile del quartiere Porta Nuova.

Un altro progetto rivoluzionario attuato sempre a Milano è quello del BabyLife, si tratta del primo asilo nido realizzato interamente in legno. Questo è a tutti gli effetti il primo progetto di architettura sostenibile che ha impiegato materiali e tecniche di costruzione a basso impatto ambientale.

A Milano sorge anche l’UpTown, un quartiere residenziale che punta sulla mobilità green, mettendo a disposizione dei cittadini servizi di car e bike sarin con tariffe agevolate. All’interno di questo quartiere innovativo sono disponibili tantissimi servizi smart e gli edifici sono caratterizzata da un’altissima efficienza energetica e grandi spazi verdi a misura d’uomo.

Un altro progetto sostenibile ideato per la grande città milanese è La biblioteca degli alberi, un progetto nato nel 2018 sempre per il quartiere Porta Nuova. Si tratta della realizzazione di uno spazio dedicato a diverse attività culturali e di svago, una sorta di grande giardino botanico moderno e funzionale con percorsi che collegano tra loro i vari edifici dell’area.

Design ecosostenibile basato sul recupero dei materiali

Tra le soluzioni più efficienti e comuni, relative alla realizzazione di oggetti di design ecosostenibile, troviamo proprio quella legata all’utilizzo di materiali di recupero. Numerosissime aziende hanno sviluppato negli ultimi anni nuove proposte d’arredo caratterizzate dall’impiego di materiali riciclati e recuperati.

Attraverso quest’importante cambiamento, si contribuisce a ridurre gli sprechi e soprattutto ad utilizzare materiali di costruzione a basso impatto ambientale. In generale, per la realizzazione di oggetti di design ed elementi d’arredo per la casa si prediligono comunque i materiali naturali, come ad esempio il legno, che diventa protagonista indiscusso delle nuove tendenze.

Il legno, infatti, è tra i materiali che consentono di essere rigenerati e recuperati col passare del tempo. Attraverso alcuni trattamenti è possibile sempre riciclarlo e reimpiegarlo per la realizzazione di altri elementi d’arredo. L’idea del riciclo, oltre ad essere importante per la tutela dell’ambiente circostante, è anche una delle soluzioni più in voga al momento nel settore del design e dell’arredamento.

Si tratta, infatti, di un’idea che mira alla realizzazione di oggetti sempre più particolari, ricercati ed originali a bassissimo impatto ambientale.

Come per l’architettura e il design, anche per altri settori è fondamentale il concetto di recupero dei materiali. Ad esempio, anche il settore della moda, che come sappiamo ha nella città di Milano un’importanza altrettanto significativa, sta avanzando sempre più soluzioni rivoluzionarie e sostenibili per l’ambiente. Sono tantissimi gli stilisti famosi ed emergenti che sulle passerelle di Milano promuovono le loro idee originali, di tendenza e innovative, rispettando a pieno il concetto di sostenibilità e utilizzando spesso tessuti riciclati per i loro capi d’abbigliamento.

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Negli ultimi tempi, la vita di tutti noi è stata totalmente stravolta, soprattutto a causa della grave emergenza sanitaria che ha toccato tutto il mondo. La maggior parte dei cambiamenti che abbiamo dovuto apportare necessariamente nella nostra vita quotidiana, ci hanno fatto comprendere quanto siano fondamentali gli spazi vivibili in casa. A causa dei lunghissimi periodi di lockdown, infatti, siamo stati costretti a restare in casa e questo evento ha spostato maggiormente l’attenzione sulla funzionalità e sulla comodità dei diversi ambienti della casa.

La casa è diventata pian piano il fulcro centrale della nostra vita. Di recente, inoltre, l’attenzione di tantissime persone si è anche spostata sul concetto essenziale di sostenibilità, una prospettiva futura che punta a migliorare ed evolvere in positivo le vite di tutti. Il concetto di sostenibilità viene rispettato in tantissimi settori, tra i quali, anche e soprattutto, quello architettonico.

L’architettura sostenibile è il concetto su cui si basano la maggior parte delle nuove proposte di arredo e design che, oltre ad essere di grande impatto estetico e di tendenza, sono anche oggetti che rispettano l’ambiente, del tutto ecosostenibili. Vediamo nello specifico, quali sono le tendenze del momento che rispettano il concetto di sostenibilità e che offrono in casa comodità, praticità e funzionalità.

Trend e proposte del momento per un’architettura sostenibile

Architettura sostenibile abbinata ai trend del momentoTra le soluzioni maggiormente diffuse nel campo dell’edilizia sostenibile, c’è sicuramente quella che prevede l’utilizzo del legno come materiale principale per la creazione di case ed edifici. Il legno, infatti, è un materiale naturale che ha un ridotto impatto ambientale, quindi è la soluzione perfetta per i nuovi rivestimenti delle facciate degli edifici. L’utilizzo di questo materiale rappresenta per l’edilizia un vero e proprio trend del momento, non solo perché rispetta il concetto di sostenibilità, ma anche perché offre una serie di benefici.

 

Si tratta, infatti, di un materiale che aiuta a proteggere gli edifici dall’umidità, riduce al minimo la dispersione di calore ed energia, migliora l’isolamento acustico degli ambienti interni, protegge la casa dagli agenti atmosferici, ed è di grandissimo impatto estetico. Per tutte le ristrutturazioni degli ultimi anni, la maggior parte degli architetti ha proposto l’utilizzo del legno per i rivestimenti degli appartamenti, trasformandolo pian piano, in una moda e nuova tendenza indiscussa.

Tendenze per elementi d’arredo sostenibili

Architettura sostenibile con trend del momentoCome abbiamo già detto, il settore dell’architettura e del design ha puntato moltissimo in questi ultimi anni sulla sostenibilità, per tutelare l’ambiente e garantire a tutti un futuro migliore. Tantissime aziende produttrici di elementi d’arredo si sono impegnate verso questa direzione, trovando le soluzioni migliori adatte ad ogni diverso ambiente della casa. Arredare la nostra casa con elementi di design ecosostenibile, inoltre, non significa per forza dover spendere una fortuna, ma spesso, può essere anche una soluzione molto conveniente ed economica.

 

Ad esempio, è possibile puntare sul riciclo e quindi, scegliere elementi d’arredo di seconda mano che conservano sempre un fascino particolare ed unico. Sono numerose le esposizioni di questo tipo nei mercatini dell’usato o nei negozi di antiquariato, dove è possibile trovare le soluzioni d’arredo migliori ad un buon prezzo. Le tendenze di un arredo sostenibile puntano sull’utilizzo di materiali e tessuti ecosostenibili, che tutelano e rispettano l’ambiente in cui viviamo. Ad esempio, sono di tendenza mobili e complementi d’arredo realizzati in bambù, oppure con varie tipologie di legno di recupero.

 

I materiali naturali sono un’ottima soluzione sostenibile per la nostra casa, inoltre, garantiscono agli ambienti un piacevole e gradevole impatto estetico. Un’altra tendenza del momento è quella di inserire in casa tra le decorazioni degli ambienti le piante: queste, oltre ad essere molto belle ed eleganti, sono anche capaci di purificare l’aria e di ridurre al minimo l’umidità delle stanze. Si tratta, quindi, di una soluzione molto ecologica e sostenibile che fa bene all’ambiente ma anche a noi stessi. Ovviamente, per rispettare sempre il concetto di sostenibilità è necessario anche utilizzare vernici e pigmenti colorati che siano del tutto naturali, da utilizzare ad esempio, per decorare le pareti o per restaurare mobili e complementi d’arredo.

 

Architettura sostenibile e trend del momentoCome abbiamo anticipato, anche la scelta dei tessuti in casa è importantissimo. Le tendenze del momento che puntano alla sostenibilità, vedono protagonisti tessuti come il cotone, la lana, il lino, la seta, e tanti altri tessuti naturali di origine sia animale che vegetale. Generalmente, la scelta delle diverse tipologie di tessuti sostenibili varia a seconda degli ambienti della casa.

 

Per la zona living, in cui il divano è l’elemento centrale, si prediligono solitamente tessuti come il cotone o il lino, di grande impatto estetico e soprattutto, molto comodi e confortevoli. Per la camera da letto, invece, è fondamentale scegliere tessuti naturali e sostenibili per la biancheria da letto e per i tendaggi.

 

Spesso, vengono utilizzati la juta e la lana per i complementi d’arredo, come ad esempio i tappeti. Anche per la biancheria da bagno sono di tendenza i tessuti naturali, del tutto ecologici e idrorepellenti. Questi tessuti donano ai nostri asciugamani e teli doccia un aspetto elegante e raffinato, ma soprattutto, rispettano il concetto di sostenibilità.

Il risparmio di energia è la nuova tendenza del momento per le nostre case

Architettura sostenibile da abbinare ai trend del momentoUltimamente, il concetto di sostenibilità si è esteso anche all’installazione di elettrodomestici, illuminazione e dispositivi tecnologici da tenere in casa. Il risparmio energetico è importantissimo per il concetto di sostenibilità, e rappresenta inoltre, una vera e propria tendenza del momento. All’interno delle case moderne, infatti, si prediligono gli elettrodomestici appartenenti alle classi energetiche A++ e A+++, grazie alle quali è possibile risparmiare in bolletta, ma soprattutto, tutelare l’ambiente.

 

Anche per l’illuminazione è importante trovare le soluzioni migliori per rispettare il concetto di sostenibilità. Ad esempio, è possibile installare in casa degli infissi con vetrocamere molto ampie e ovviamente, prestare attenzione a delle piccole accortezze, come non tenere troppe luci accese inutilmente.

 

Anche per il bagno esistono tantissime soluzioni sostenibili che ci permettono anche di evitare gli sprechi, come ad esempio, l’istallazione di uno scarico per il WC a doppio tasto, un soffione moderno ed innovativo per la doccia, oppure un miscelatore monocomando per il lavandino. Si tratta di nuove tendenze del momento per il nostro bagno che ci permettono di risparmiare acqua ed evitare gli sprechi inutili.

 

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Design sostenibile: cosa si intende e quali sono le idee su cui puntare https://www.antoniodimaro.it/design-sostenibile-cosa-si-intende-e-quali-sono-le-idee-su-cui-puntare/ https://www.antoniodimaro.it/design-sostenibile-cosa-si-intende-e-quali-sono-le-idee-su-cui-puntare/#respond Fri, 14 Jan 2022 16:11:02 +0000 https://www.antoniodimaro.it/?p=4931 La sostenibilità è ormai un concetto molto presente nella nostra società ed è diventato nel corso del tempo fondamentale a livello globale. Il significato dello sviluppo ecosostenibile è legato al progresso e al benessere delle generazioni attuali e di quelle […]

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La sostenibilità è ormai un concetto molto presente nella nostra società ed è diventato nel corso del tempo fondamentale a livello globale. Il significato dello sviluppo ecosostenibile è legato al progresso e al benessere delle generazioni attuali e di quelle future, una prospettiva che punta a migliorare la qualità e lo stile di vita di tutti. In generale, la sostenibilità è un concetto che l’uomo deve sempre considerare, per qualsiasi sua operazione di sviluppo e progresso.

 

Proprio per questo, per il mondo del design è molto importante il concetto di sostenibilità legato alle opere artificiose create dall’uomo. Per il settore dell’arredamento e del design è fondamentale la progettazione di oggetti che mirano al progresso e all’evoluzione e per i quali la sostenibilità gioca un ruolo essenziale ed indispensabile.

 

Negli ultimi anni le iniziative che sviluppano progetti di design ecosostenibile sono notevolmente cresciute, esponendo al pubblico sempre più soluzioni innovative in diverse città italiane ed estere. Le fiere dedicate ai progetti di design e arredamento ecosostenibili si concentrano principalmente sull’utilizzo di materiali e tessuti riciclabili che contribuiscono alla tutela e alla salvaguardia del nostro pianeta. Quindi, oltre ad essere diventati di tendenza, questi contribuiscono a donare alla nostra casa un aspetto elegante, ricercato ed originale.

In cosa consiste il progetto e la realizzazione di oggetti di design ecosostenibili?

Design sostenibile e le idee su cui puntareAbbiamo già detto che il concetto di sostenibilità è diventato essenziale nel settore del design e dell’arredamento, quindi, in fase progettuale è uno dei primi elementi da considerare con molta attenzione. Il progettista prima ancora di ideare un qualsiasi oggetto di design, infatti, si preoccupa di scegliere un materiale adeguato che non avrà assolutamente un impatto negativo sull’ambiente in futuro.

 

Possiamo dire, quindi, che Il progetto di un elemento di design nasce dalla scelta di un materiale riciclabile e sostenibile, che ovviamente, possa anche garantire funzionalità, praticità e un forte impatto estetico. Per la realizzazione dell’oggetto di design progettato, la maggior parte delle aziende di produzione, inoltre, scelgono di utilizzare manodopera e materiali sostenibili appartenenti al proprio territorio. Inoltre, moltissime aziende si occupano anche di limitare al massimo l’emissione di CO2, che spesso si produce durante le diverse fasi di lavorazione.

 

Questo è un altro elemento legato alla produzione di oggetti di design che rispetta a pieno il concetto di eco sostenibilità e rispetto per l’ambiente.

Arredare la propria casa con elementi di design ecosostenibili: quali sono le soluzioni di tendenza?

Generalmente, quando si pensa di acquistare un oggetto di design ecosostenibile per la propria casa, si ha il timore di dover affrontare una spesa economica consistente, ma in realtà, esistono tantissime soluzioni che rispettano l’ambiente e che ci consentono anche di risparmiare. Il segreto per arredare la propria casa con elementi di design ecosostenibili ed economici è sicuramente quello di studiare con attenzione gli spazi disponibili e lo stile dell’appartamento, ma soprattutto, prendersi tutto il tempo necessario per trovare le soluzioni migliori che soddisfano a pieno tutte le nostre esigenze e preferenze.

 

Vediamo quindi, quali sono le idee di design ecosostenibile che possiamo scegliere per la nostra casa senza dover per forza spendere una fortuna. Uno dei suggerimenti più importanti è quello di optare per elementi d’arredo di seconda mano, usati in precedenza da qualcun altro ma conservati alla perfezione. A tutti è capitato di vedere almeno una volta nella vita un suggestivo mercatino dell’usato, caratterizzato dall’esposizione di oggetti selezionati per l’ottima qualità, la particolare bellezza e l’irresistibile fascino.

 

Tra gli elementi di design di seconda mano è possibile trovare tutto quello che ci occorre per arredare la nostra casa in modo ecosostenibile, ma soprattutto, a costo zero. Inoltre, all’interno di negozi e mercatini d’antiquariato si possono trovare tantissime soluzioni molto particolari, originali ed uniche, che danno un tocco speciale agli ambienti della nostra casa. Fra le tendenze dell’ultimo momento, infatti, c’è proprio quella di acquistare mobili e complementi d’arredo datati, che vengono restaurati e rimodernati.

 

Generalmente, per i mobili che completano il nostro arredamento siamo soliti prediligere il legno, visto che si tratta di un materiale versatile e pratico, quindi, per rispettare il concetto di eco sostenibilità, possiamo optare per un legno di recupero, riciclato oppure per mobili in bambù. Anche per le vernici e le pitture utilizzate per i nostri mobili, per altri elementi di design presenti in casa o per le decorazioni su parete, è molto importante scegliere pigmenti colorati che contengono un livello basso o inesistente di composti organici volatili.

 

Sappiamo quanto sia fondamentale per l’arredamento inserire ne diversi ambienti della casa decorazioni e complementi con particolari caratteristiche stilistiche che donano al nostro appartamento identità e personalità. In questo caso, è fondamentale anche la scelta di tessuti ecosostenibili per i vari elementi di design e arredo, come divani, tappeti, tendaggi e così via.

I tessuti ecosostenibili da scegliere per i nostri elementi di design e arredo

Design sostenibileTra i diversi tessuti ecosostenibili che possiamo scegliere per i nostri complementi d’arredo, ci sono diverse soluzioni con caratteristiche differenti che si adattano ai diversi ambienti della casa. Ad esempio, per la nostra zona living uno degli elementi di design più importanti è il divano, quindi, è fondamentale scegliere il tessuto ecologico più adatto. Generalmente, tra i vari tessuti naturali per il divano, si prediligono il lino e il cotone, entrambi derivanti da fibre naturali vegetali.

 

Anche in camera da letto la scelta dei tessuti è fondamentale, soprattutto per tendaggi e biancheria da letto.

Anche in questo caso, per rispettare il concetto di sostenibilità si scelgono per il letto tessuti come il lino, il cotone e la seta, tutto di origine naturale. Per i complementi d’arredo, come ad esempio tappeti e tendaggi, è possibile optare anche per tessuti come la juta e la lana.

 

Anche in bagno è essenziale mantenere e rispettare la linea di pensiero ecosostenibile, quindi, è importante scegliere una biancheria da bagno realizzata con tessuti naturali, ecologici e idrorepellenti.

Attenzione, dunque, alla scelta di teli doccia e asciugamani vari, è importante optare per soluzioni ecologiche e soprattutto, eleganti e di grande impatto estetico.

 

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Ripartire dalla bellezza https://www.antoniodimaro.it/puntiamo-alla-bellezza/ https://www.antoniodimaro.it/puntiamo-alla-bellezza/#respond Thu, 30 Apr 2020 14:20:53 +0000 https://www.antoniodimaro.it/?p=4531 Facciamo un passo indietro torniamo alla bellezza, torniamo alla riflessione, torniamo al pensiero. Credo che la ripartenza economica, artistica e sociale “post covid” debba essere incentrata proprio su questo termine, la bellezza. Una vera, anzi, una saggia fase 2, dovrebbe […]

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Facciamo un passo indietro torniamo alla bellezza, torniamo alla riflessione, torniamo al pensiero.

Credo che la ripartenza economica, artistica e sociale “post covid” debba essere incentrata proprio su questo termine, la bellezza.

Una vera, anzi, una saggia fase 2, dovrebbe spazzare via insieme al coronavirus i tanti disastri architettonici, sociali, artistici che hanno martoriato i tessuti profondi delle nostre menti e delle nostre anime, creando un vero e proprio “lookdown” dello spirito, che quando smette di “studiare” il modo di elevarsi, resta irrimediabilmente fermo.

 

Dobbiamo puntare alla bellezza, non solo quella dei canoni classici o dei dettami vitruviani, ma bellezza intesa anche come attenzione, cura, passione, dedizione, studio, riflessione.

Puntare sulla bellezza può essere un sapiente strumento di ricrescita e rinascita, e NOI italici, siamo da sempre stati specialisti in questo, generatori di bellezza in tutti i campi del sapere.

 

Sul piano strettamente economico scommettere sulla bellezza, coincide con la realizzazione di un prodotto “sartoriale” , artigianale, durevole nel tempo, posizionandolo sul mercato in una fascia non alta ma “unica” e riconoscibile. Mi domando, quanto costa un abito di Valentino? o che valore ha un Barolo DOCG invecchiato 7 anni? e ancora, quanto amore c’è in una Ferrari? che percezione hanno questi prodotti sul mercato globale?

Stesso discorso vale per i mirabili architetti o artisti che hanno fatto della bellezza e dello studio l’unico motivo della loro esistenza, realizzando prodotti unici e ricordati nel tempo.

 

Sappiamo farlo, genomicamente sappiamo ASSOLUTAMENTE farlo, abbiamo il genoma della bellazza, se non altro perchè siamo figli di essa, abbiamo solo dimenticato di esserlo, puntando e scimmiottando il “fast”, figlio di altre culture che per numeri e tradizione, sono certamente più brave di noi nel realizzarlo.

Credo inoltre che il nostro pianeta non sia più capace di sopportare tutto questo assoluto e umiliante spreco di risorse che genera prodotti “fast” e di discutibile valore assoluto.

 

Se penso all’architettura “fast” mi vengono i brividi, “progetti virtuali”, come si può generare un’architettura saggia e allo stesso tempo veloce?

Come si può studiare, amare, riflettere o anche cambiare idea se tutto DEVE essere veloce?

Come si può concepire uno spazio senza sentirne il profumo o ascoltare la sua essenza?

Credo che “veloci” debbano essere gli atleti, non la società. Il mondo economico e soprattutto il mondo dell’arte ha assoluto bisogno di essere giudizievole, ponderato, per creare qualcosa di eterno di unico bisogna “imparare a ripensare il pensiero”, ogni linea, ogni materiale, deve essere trattato con assoluta “dignità” e occupare il suo posto nello spazio.

 

“Rallentare” non corrisponde a “diminuire” la crescita, ma solamente a rendere unico e bello un prodotto, aumentandone il suo valore materiale ed immateriale.

La mia generazione ha il dovere di puntare sul “made in Italy” e sul “made with wisdom” per non continuare a combattere una guerra impari che in questi anni ci ha visti sconfitti in partenza su più fronti.

Torniamo alla nostra grande storia, torniamo all’arte, al pensiero, puntiamo sulla sensibilità, alle eccellenze, all’intuito artistico e immateriale che ha fatto di noi, una piccola penisola nella “bacinella” del mediterraneo tra i posti più studiati al mondo.

 

Facciamo un passo indietro ritorniamo alla bellezza, ritorniamo alla riflessione, ritorniamo al pensiero.

 

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Le neuroscienze, le implicazioni con l’architettura e con il “wellnessdesign” https://www.antoniodimaro.it/le-neuroscienze-le-implicazioni-con-larchitettura-e-con-il-wellnessdesign/ Wed, 11 Mar 2020 18:32:12 +0000 https://www.antoniodimaro.it/?p=4380 L'articolo Le neuroscienze, le implicazioni con l’architettura e con il “wellnessdesign” proviene da Antonio Di Maro | Architetto Napoli.

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abstract

Nell’interessante dibattito tra forma e funzione degli edifici, il complesso tema della neuroarchitettura si fa spazio aprendo un capitolo tutto nuovo nella storia dell’architettura moderna e sulle teorie di composizione architettonica, modificandone radicalmente il punto di vista ed inserendo la componente scientifica nella materia e nell’arte in genere.

Affrontato l’approccio teorico non si può prescindere dalle applicazioni pratiche sul tema, con esempi reali e tangibili su come l’applicazione sapiente della neuroarchitettura può giovare concretamente nella progettazione dei manufatti. In questa fase di importante fermento scientifico, gli architetti e progettisti in genere, nel tramutare le teorie scientifiche in realizzazioni concrete, hanno una grossa responsabilità. La sperimentazione sul campo avviene applicando le diverse teorie scientifiche in materia a tutte le fasi della progettazione architettonica, dal concept alla realizzazione, controllando costantemente tutte le fasi del processo e valutando di volta in volta gli effetti generati nel medio-lungo periodo. In questo delicato scenario la crescita può essere ottenuta soltanto mediante la stretta cooperazione tra il mondo della ricerca e quello dei progettisti. Un’applicazione pratica è avvenuta nel 2014 con la riproduzione in scala ridotta di un bosco inserito nella sala d’attesa dell’Ospedale pediatrico oncologico Pausilipon di Napoli. Il progetto nasce dalla necessità di portare sollievo morale ai giovani pazienti della struttura ospedaliera. Il team di lavoro, vincitore di una competizione di architettura, pensa di portare il “bosco” nell’ospedale, con l’intenzione di donare ai piccoli pazienti, impossibilitati per lunghi periodi a lasciare la struttura ospedaliera, un contatto con l’ambiente l’esterno, facendogli vivere se pur in maniera artificiale tutte le sensazioni e le percezioni multisensoriali legate all’esperienza di una passeggiata al parco. Nelle intenzioni progettuali, la permanenza nella sala, deve tramutarsi in un’esperienza multisensoriale che coinvolge completamente tutti i sensi del fruitore, inserendolo in un ambiente artificialmente ricostruito che dia benessere e piacere psicofisico.

In che modo il nostro cervello risponde agli stimoli provenienti dall’ambiente costruito?

Quanto e in che modo una buona progettazione contribuisce al benessere psicofisico dell’individuo?

Può un architetto progettare spazi che diano benessere, che aumentino la capacità di concentrazione, che aiutino la guarigione o che siano formativi?

La risposta ai precedenti quesiti è si, difatti negli ultimi decenni la nostra mente è oggetto di studio e di analisi approfondite. Dagli studi condotti si è appurato che il cervello risponde agli stimoli esterni con meticoloso giudizio e attiva apposite cellule per ognuno di essi, inoltre per ogni stimolo proveniente dell’ambiente esterno crea una mixité di impulsi che provengono dai ricordi, dai sensi percettivi e dalla memoria a breve termine. Sebbene le ricerche scientifiche siano di matrice moderna, da sempre l’uomo e, in particolare l’architetto, ha, seppur inconsapevolmente, considerato le caratteristiche del corpo umano nell’interazione con l’ambiente circostante.

La Neuroscienza, i neuroni specchio, la simulazione incarnata e le implicazioni con l’Architettura

Le neuroscienza cognitiva è una disciplina scientifica nata agli inizi del secolo scorso quando, in seguito allo sviluppo di una serie di tecniche volte a visualizzare il funzionamento della corteccia e dei nuclei cerebrali, si chiarì come il cervello rende possibile la cognizione e più in generale come funziona la mente in rapporto ad attività quali la memoria, l’apprendimento, l’emozione, i processi inconsci.

In un laboratorio presso l’Università di Parma nel 1991, un gruppo di scienziati capeggiati da Giacomo Rizzolatti, si imbatté in una scoperta che avrebbe cambiato per sempre il punto di vista dell’umanità sulla comprensione del cervello, in merito alle capacità celebrali. Scoprirono gruppi di neuroni nel cervello delle scimmie e poi successivamente verificarono la presenza anche negli essere umani, che si attivavano non solo quando un soggetto a manipola un oggetto, ma anche quando solamente lo vede fare. A questi neuroni fu, infine, dato il nome di “neuroni specchio”. Studi successivi hanno rilevato inoltre la presenza di sistemi molto più elaborati di questi neuroni sparsi in diverse aree del cervello. Questi sistemi ci permettono di simulare o ripetere mentalmente l’attività degli altri e di comprendere le intenzioni e le emozioni dietro a queste azioni, inoltre si è scoperto che nel guardare una persona compiere un’azione si attivano anche aree del cervello addette alla funzioni motorie. In pratica il cervello attiva tutte le funzioni preposte allo svolgimento dell’azione pur solo essendo spettatore dell’azione stessa, spesso lo facciamo in maniera inconscia ed inconsapevole. La sensazionale scoperta accende i riflettori e apre una strada verso la “teoria dell’empatia”, mostrando importanti implicazioni antropologiche, poiché essi forniscono una traccia di come impariamo ed entriamo in relazione con gli altri.

Connessione di neuroni
Neural connections in the brains of men and women. Love at first sight. Relationship between people. 3D illustration. A high resolution.

Vilayanur Subramanian Ramachandran, un neuroscienziato indiano, si spinge fino ad ipotizzare che il raffinamento dei neuroni specchio nell’uomo sia stata una delle forze trainanti del grande balzo in avanti che i nostri antenati hanno compiuto nello sviluppo dell’arte, della matematica e del linguaggio, con l’esclusiva abilità umana di trasmettere l’informazione culturalmente. I neuroni specchio sembrano dunque, in senso più generale, definire fenomenologicamente il nostro rapporto empatico con il mondo.

Tania Singer, direttore del Dipartimento di Neuroscienze Sociali presso l’Istituto Max Planck per le Scienze Cognitive e la Cervice Umane, in Germania, in un suo esperimento ha dimostrato che durante la visione o al solo pensiero di qualcuno che prova dolore, il nostro cervello attiva circuiti neuronali simili, come se fossimo noi a provare il dolore, eccetto chiaramente, che nelle aree sensoriali coinvolte nella sensazione “effettiva” del dolore.

Tutto quanto precedentemente detto, come investe il mondo delle arti e dell’architettura?

Harry Francis Mallgrave, nella sua magistrale opera del 2013, l’empatia degli spazi”, nel relazionare circa la simulazione incarnata e la sua connessione con l’arte e l’architettura sostiene che l’attività neurologica viene percepita dal cervello attingendo informazioni dall’esterno con tutti i suoi sensi, difatti scrive:

se mi trovo nella galleria degli Uffizi e osservo un dipinto raffigurante la crocifissione di San Sebastiano, il mio corpo reagisce automaticamente a quelle aree colpite dalle frecce come se stesi simulando la sua condizione fisica ed emotiva. E’ importante notare che il sistema empatico dei neuroni specchio non si limita al senso della vista[…]Sembra che abbiamo la capacità precognitiva di rispecchiare i valori tattili di tutti gli oggetti o le forme nei nostri ambienti, sia viventi sia non e che questa facoltà sia una delle chiavi del nostro particolare livello di coscienza e di comprensione del mondo[…]i nostri neuroni specchio siano coinvolti anche nel fare esperienza di un quadro, una scultura o un edificio, e che questo processo avvenga attraverso l’attivazione congiunta dei circuiti sensori-motorio, emotivo ed edonico, in altre parole, nel percepire un opera d’arte o nell’abitare un ambiente costruito, simuliamo le forme e i materiali con i nostri corpi; in certo senso, empatizziamo con essi fisiologicamente ed emotivamente, e solo in un secondo momento ci formiamo una compiuta consapevolezza del nostro piacere o meno per quello di cui abbiamo fatto esperienza[…]la simulazione del movimento o dell’attività fisica diventa un fattore primario in molte opere d’arte[…]stando in piedi accanto a palazzo Medici a Firenze, sentiamo le mani callose e la forza del martello e dello scalpello su blocchi di pietra, perché simuliamo lo sforzo compiuto per raggiungere un tale risultato. Nell’avvicinarsi alle colonne tortili del baldacchino del Bernini a Roma, ci contraiamo perché simuliamo somaticamente e visceralmente la torsione all’interno dei nostri stessi corpi[…]l’architettura più di ogni altra altre, richiede non solo che se ne simulino materiale e forme, ma anche che si anticipi l’intenzione di muoversi al suo interno. (Raffaello Cortina, 2013).

Giovanni Antonio Bazzi, o de’ Bazzi, detto il Sodoma, dipinto di San Sebastiano
Fig.1 Giovanni Antonio Bazzi, o de’ Bazzi, detto il Sodoma, dipinto di San Sebastiano, 1525, Firenze, Galleria degli Uffizi. [Libreria Digitale informatica]

Le neuroscienze, quindi, esplorano anche il mondo dell’architettura e delle arti in genere cercando di spiegare i motivi alla base di ogni tipo di impulso che la mente riceve e poi metabolizza quando si trova a contatto con un opera d’arte o con un ambiente costruito, in questa ricerca e costante scoperta alla mente umana nei confronti delle opere di architettura, una cosa sia ben chiara, la spiritualità progettuale ed il patos creativo resta unico di ogni individuo e della sua sensibilità. Più specificamente, la neuro-architettura studia il livello di risposta psicologica umana ai componenti che costituiscono gli ambienti costruiti. Se estendiamo l’orizzonte conoscitivo della neuroscienza applicandola all’architettura porteremo fornire nuovi e sostanziali elementi ai progettisti e donare beneficio all’umanità intera.

La scoperta e la continua ricerca nel settore, investono in toto il mondo dell’architettura, del design e delle arti in genere, ricorre perciò a nostro vedere l’obbligo da parte degli addetti ai processi di antropizzazioni del paesaggio di investigare e approfondire il complesso mondo delle neuroscienze. L’approccio multisensoriale dettato dall’architettura sembra avvicinare questa materia alla neuroscienza più che ad ogni altra arte o tema. La neuroscienza investiga l’architettura con una miriade di componenti diversi ma che interagiscono tra loro, dai materiali con la loro composizione materica, ai suoni, alla luce, agli odori, insomma un architetto sapiente e conscio delle attività neuronali inscritte nel cervello, può realizzare manufatti a misura d’uomo o per esempio stimolare esattamente le funzioni desiderate in uno o in un’altra destinazione d’uso richiesta. I neuroarchitetti studiano, insieme ai neuroscienziati, come usare i sensi, come archiviare e riutilizzare le esperienze sensitive, come pianificare i movimenti, anche quelli oculari.

Una delle principali organizzazioni mondiali coinvolte nello studio del neuro-architettura è l’Accademia di Neuroscienze per l’Architettura o ANFA, questo polo di eccellenza mira a promuovere lo studio del rapporto tra gli edifici e il corpo umano. In funzione dal 1980, incoraggia attivamente la ricerca degli studiosi che utilizzano la neuroscienza nell’approfondire l’impatto che gli elementi costruiti dall’uomo hanno sulle funzioni del sistema nervoso e che tipo di attività cerebrale si verifica come risultato della stimolazione dei sensi.

Un esempio magistrale di come l’architettura può influenzare positivamente il cervello e donare piacere neurologico risiede nella cappella di Thorncrown. La storia della cappella comincia nel 1971, quando Jim Reed, nativo di Pine Bluff, Arkansas, acquistò terra a Eureka Springs, Arkansas, per costruire la sua casa di riposo. Altre persone ammirarono la sua posizione e spesso si fermavano alla sua proprietà per avere una migliore visione delle splendide colline di Ozark.

La cappella di Thorncrown di notte, Fay Jones
Fig. 2 La cappella di Thorncrown di notte, Fay Jones, Eureka Springs in Arkansas, Stati Uniti d’America 1980. [http://www.ddarcart.com]

Un giorno, mentre camminava per la collina verso la sua casa, gli venne l’idea che lui e sua moglie dovessero costruire una cappella di vetro nei boschi per dare ai passeggeri un posto dove riposarsi, riflettere e rinfrescare. Ha chiesto al suo amico architetto Fay Jones di progettare la cappella.

 

La cappella di Thorncrown con la neve, Fay Jones
Fig. 3 La cappella di Thorncrown con la neve, Fay Jones, Eureka Springs in Arkansas, Stati Uniti d’America 1980. [http://www.ddarcart.com]

Se si cammina in questa piccola cappella immersa nelle montagne di Ozark, è probabilmente colpito per la magnificenza e per l’aspetto mastodontico, nonostante la cappella sarebbe facilmente inserita in uno dei transetti della Cattedrale Nazionale di Washington, eppure appare decisamente più grandeAmerican Institute of Architects (AIA) l’ha scelto come la quarta opera di architettura più impressionante del XX secolo. Dal 10 luglio 1980, giorno in cui la cappella Thorncrown è stata aperta al pubblico, oltre cinque milioni di persone l’hanno visitata, vincendo numerosi premi architettonici.

La cappella di Thorncrown di giorno, Fay Jones
Fig. 4 La cappella di Thorncrown di giorno, Fay Jones, Eureka Springs in Arkansas, Stati Uniti d’America 1980. [http://www.ddarcart.com]

La cappella è realizzata con tutti i materiali organici per adattarsi al suo ambiente naturale, i materiali da costruzione con cui è stata realizzata sono prevalentemente tronchi di pino locali e gli elementi più grandi dell’edificio, come i tralicci, sono stati assemblati sul pavimento e messi in posizione. Di giorno i giochi di luce e ombre svolgono un ruolo importante nell’atmosfera di Thorncrown, di notte viceversa il riflesso delle luci attraverso le croci delle capriate lignee circondano il bosco intorno alla ed essa. La cappella è completamente in simbiosi con la natura, diventando parte integrante di essa. Dal punto di vista delle scienze cognitive è possibile fornire alcune ipotesi plausibili sulle esperienze emozionali associate alla Cappella Thorncrown.

Le nostre esperienze progettuali tra architettura e neuroscienza

E’ nel 2013, grazie ad un seminario di tre giorni, che i riflettori iniziano ad essere puntati sul vasto ed interessante mondo scientifico delle neuroscienze e delle sue possibili implicazioni con l’architettura, compresa la potenza intellettuale della materia, sin dal primo approccio non si può non essere consapevoli dell’importante responsabilità che gli architetti e i progettisti del nostro tempo hanno nel progettare sapientemente un manufatto, un quartiere o una città.

Scoperta tale frontiera, diviene un obbligo morale e professionale cercare con importanti opere di persuasione di erudire i committenti sui benefici che la neuroarchitettura può apportare anche nelle semplici abitazioni. L’informazione, questa è la chiave di volta: è doveroso, oltre che giusto, informare anche il committente che deve semplicemente ristrutturare il proprio appartamento, in modo che quelle nozioni, purtroppo oggi ancora poco diffuse, se pur in maniera superficiale passino di “bocca in bocca” e il tema diventi virale. Ad ogni colloquio ad ogni incontro con i committenti, dopo aver parlato di tutte le logiche sottese alla progettazione architettonica, ogni professionista del settore dovrebbe argomentare circa la neuroscienza applicata all’architettura e illustrare che esiste un legame inscindibile tra essere umano e ambiente che lo circonda e che lo stesso influisce considerevolmente sull’umore e sullo stato d’animo delle persone.

Il più delle volte, la risposta che si riceve da parte del cliente medio, purtroppo ancora non abbastanza informato sulla materia, è lo scetticismo in linea con l’inconsapevolezza che la complessità della materia porta con sé. Con ampia probabilità si può affermare che il problema sia di carattere informativo e quindi culturale, non esiste nelle persone comuni alcuna nozione o familiarità con l’argomento, il che crea un distacco e una diffidenza importante che non permette di sperimentare nella pratica le importanti teorie di cui gli scienziati discutono. Ad oggi possiamo dire che in tutti i nostri progetti, con la consapevolezza o meno della committenza, sperimentiamo ed innestiamo elementi, trame, strascichi o solo patchwork materici, con l’obbiettivo di applicare gli studi dei ricercatori sul campo pratico, cercando ed analizzando poi le risposte concrete.

Tuttavia il vero aspetto interessante non risiede nella consapevolezza immediata del committente, ma nel suo feedback emotivo e percettivo nel lungo – medio periodo, dopo aver vissuto e fruito gli spazi per anni. L’analisi dei feedback inizialmente veniva condotta mediante la sotto posizione a mezzo e-mail di semplici domande mirante solo alla valutazione del confort abitativo, al fine di appurare le qualità o i difetti dei singoli progetti. Purtroppo non sempre i committenti davano il giusto peso ai quesiti sottoposti, infatti sebbene le domande fossero poste in maniera semplice ed accessibile a tutti, spesso le risposte erano superficiali ed affrettate.

Così al fine di ottenere un riscontro il più verosimile a quello scientifico la prassi si è evoluta nell’elaborazione di una tabella soddisfazione sottoposta a ciascun committente alla chiusura del cantiere. I committenti hanno la possibilità di compilarla secondo i propri tempi e di restituirla quando sono certi delle risposte, in questo modo tra la parti si innesca una consapevolezza diversa, più profonda, che rende il questionario maggiormente affidabile

Durata In Anni 1 Anno 2 Anni 3 Anni 4  O Piu Anni
  il tuo living/zone pubbliche della tua casa/negozio/ristorante/altro credi siano rilassanti?   si – forse – no – (se no cosa in cosa li miglioreresti?)   si – forse – no – (se no cosa in cosa li miglioreresti?)   si – forse – no – (se no cosa in cosa li miglioreresti?) si – forse – no –     si – forse – no – (se no cosa in cosa li miglioreresti?)
la tua camera da letto è confortevole? Ci  dormi bene?   si – forse – no – (se no cosa in cosa li miglioreresti?) si – forse – no – (se no cosa in cosa li miglioreresti?) si – forse – no – (se no cosa in cosa li miglioreresti?) si – forse – no – (se no cosa in cosa li miglioreresti?)
gli spazi della tua casa/negozio/ristorante/altro credi siano ben calibrati?   si – forse – no – (se no cosa in cosa li miglioreresti?) si – forse – no – (se no cosa in cosa li miglioreresti?) si – forse – no – (se no cosa in cosa li miglioreresti?) si – forse – no – (se no cosa in cosa li miglioreresti?)
i colori, i materiali e gli elementi decorativi dei vari ambienti della tua casa/negozio/ristorante/altro sono soddisfacenti?   si – forse – no – (se no cosa in cosa li miglioreresti?) si – forse – no – (se no cosa in cosa li miglioreresti?) si – forse – no – (se no cosa in cosa li miglioreresti?) si – forse – no – (se no cosa in cosa li miglioreresti?)
le forme degli arredi, dei muri e delle componenti materiche della tua casa/negozio/ristorante/altro ti piacciono? si – forse – no – (se no cosa in cosa li miglioreresti?) si – forse – no – (se no cosa in cosa li miglioreresti?) si – forse – no – (se no cosa in cosa li miglioreresti?) si – forse – no – (se no cosa in cosa li miglioreresti?)

Tabella n.1

La tabella presenta una riga temporale in alto – si ritiene infatti che l’aspetto temporale sia importante nella fruizione degli spazi –  e 5 domande incrociate nella colonna corrispondente. Le domande per quanto diverse da manufatto a manufatto, celano la stessa curiosità, l’obbiettivo è arrivare alla comprensione delle sensazioni di benessere o stress percepite dagli utenti che fruiscono gli ambienti. Le domande sono poste in modo che ogni risposta sia scevra da condizionamenti e frutto dell’impulso istintivo e delle sensazioni percepite dai committenti.

I risultati ottenuti sono molto interessanti, si riscontra infatti che i manufatti pensati e realizzati con l’utilizzo di forme organiche, riscuotono un grosso successo, con feedback sempre positivi lungo tutto il periodo temporale di riferimento della tabella. Estraendo i dati delle tabelle dei singoli progetti, le risposte date evidenziano che ad esempio nei luoghi destinati al confort come camere da letto, stanzette ed anche i bagni, si preferiscono colori e rivestimenti con trame tenui, solamente se hanno una tonalità dal blu in giù. Di contro nei medesimi ambienti i colori e rivestimenti di tonalità sempre tenui ma questa volta nella tonalità dal rosso in su, risultano gradevoli solo nel breve periodo, divenendo stancanti invece nel lungo periodo. I dati raccolti ci informano che l’uso di forme organiche nelle abitazioni sono percepite come gradevoli dagli utenti e che il dato resta tale nel tempo, e ancora che ambienti illuminati con luce soffusa e tendente verso il giallo – circa 3000 kelvin – inducono l’individuo alla relax, mentre al contrario quelli con un’illuminazione fredda – circa 6000 kelvin – inducono  allo stress con forte concentrazione e attenzione negli individui. Alla luce delle sperimentazioni eseguite i dati raccolti sono ancora incompleti e forse superficiali, per riuscire ad applicare le teorie in maniera più scientifica bisognerebbe implementare il lavoro di raccolta dati anche fase iniziale, acquisendo anche i dati ingresso relativi alle esigenze dei committenti con i loro nuclei familiari e delle loro ambizioni di vita future. Consentendo cosi una progettazione degli ambienti che sia polivalente in grado di soddisfare anche le eventuali esigenze future e prevederle.

Durata In Anni 1 Anno 2 Anni 3 Anni 4  o Più Anni
  Credi di implementare il tuo nucleo familiare?     si – forse – no – altro ( se altro scrivere cosa)   si – forse – no – altro ( se altro scrivere cosa)   si – forse – no – altro ( se altro scrivere cosa)   si – forse – no – altro ( se altro scrivere cosa)
Credi di aver bisogno di spazi utili allo studio/lavoro?   si – forse – no – altro ( se altro scrivere cosa) si – forse – no – altro ( se altro scrivere cosa) si – forse – no – altro ( se altro scrivere cosa) si – forse – no – altro ( se altro scrivere cosa)
Prevedi di ospitare spesso persone?   si – forse – no – altro ( se altro scrivere cosa) si – forse – no – altro ( se altro scrivere cosa) si – forse – no – altro ( se altro scrivere cosa) si – forse – no – altro ( se altro scrivere cosa)
Pensi di trascorrere la maggior parte del tuo tempo nel living?   si – forse – no – altro ( se altro scrivere cosa) si – forse – no – altro ( se altro scrivere cosa) si – forse – no – altro ( se altro scrivere cosa) si – forse – no – altro ( se altro scrivere cosa)
Pensi di trascorrere la maggior parte del tuo tempo nella camera da letto?   si – forse – no – altro ( se altro scrivere cosa) si – forse – no – altro ( se altro scrivere cosa) si – forse – no – altro ( se altro scrivere cosa) si – forse – no – altro ( se altro scrivere cosa)
Pensi di trascorrere la maggior parte del tuo tempo in cucina?   si – forse – no – altro ( se altro scrivere cosa) si – forse – no – altro ( se altro scrivere cosa) si – forse – no – altro ( se altro scrivere cosa) si – forse – no – altro ( se altro scrivere cosa)
         

Tabella 2

La tabella 2 su esposta, dovendo essere ancora ben calibrata in base alla sperimentazione risulta ancora in fase di elaborazione, si consideri per tanto la precedente tabella al solo titolo di esempio.

Un caso studio – Un parco per il Pausilipon, breve tregua dal dolore

Riqualificazione della sala d’attesa dell’ospedale pediatrico oncologico Pausilipon di Napoli       

Nel 2014, i Rotaract Club – estensione giovanile dell’associazione Internazionale Rotary club – di tutta Italia unirono le forze e finanziando in cooperazione un unico progetto denominato “Dreambox”. L’obiettivo del progetto era realizzare una sala d’attesa a scopo ludico-ricreativo in uno degli ospedali pediatrici tra quelli Italiani, al fine di portare giovamento e benessere pfsicofisico ai giovani pazienti delle strutture ospedaliere. Le aree di progetto erano individuate dal Rotaract in sinergia con i presidi sanitari, in base alle esigenze e alle carenze di ogni singola struttura ospedaliera. Il concorso prevedeva un rigoroso “tetto di spesa” a cui ogni team doveva necessariamente attenersi. Alla competizione presero parte team di quasi tutte le regioni d’Italia, proponendo progetti nei vari ospedali pediatrici Italiani: l’Ospedale pediatrico Bambino Gesu’ di Roma, l’Istituto Giannina Gaslini di Genova, l’Azienda Ospedaliera Anna Meyer di Firenze e anche la Struttura Complessa di Pediatria Oncologica della Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano. Lo studio “antoniodimaro&Partners” fu incaricato di concorrere in rappresentanza del Distretto 2100, espressione rotariana della Regione Campania e Regione Calabria, occupandosi della sala d’attesa dell’ospedale pediatrico oncologico “Pausilipon” di Napoli.

La sala d’attesa dell’Ospedale Pausilipon prima della ristrutturazione, Napoli2014
Fig.5 La sala d’attesa dell’Ospedale Pausilipon prima della ristrutturazione, Napoli2014 [archivio fotografico privato, antoniodimaro&Partners architects, 2014]

La sala d’attesa dell’ospedale Pausilipon risultava concepita male, sia per la sua errata configurazione spaziale che per la scelta degli arredi e dei colori, inoltre, posta in una zona di collegamento tra la radiologia e l’accettazione, era permeata di continuo da personale sanitario, da carrozzine e da ospiti della struttura. Il tutto comportava uno stato di confusione visiva e fruitiva che certamente non si addiceva allo scopo per il quale era stata concepita. La cosa che colpì maggiormente il team incaricato della progettazione al momento del sopralluogo, fu il contatto con i pazienti, con i loro genitori e con il personale sanitario che risultò molto forte dal punto di vista emotivo. La maggior parte di quei bambini aveva un sistema immunologico molto debole, che li costringeva a rimanere per lunghi periodi all’interno della struttura ospedaliera evitando possibilmente ogni contatto con gli ambienti esterni per scongiurare il rischio di infezioni; a tutela dei piccoli pazienti, difatti fin da subito l’Istituto, tra gli obblighi e gli obiettivi progettuali, impose l’utilizzo di materiali asettici e facili da sterilizzare. Il progetto si sarebbe inserito in un contesto umano molto delicato con l’ambizioso obiettivo di realizzare una sala non solo funzionale, ma che riuscisse perfino a donare un po’ di “sollievo” ai fruitori di quegli spazi, compresi i genitori che, insieme ai figli affrontano il lungo e difficile percorso ospedaliero. Il presidio ospedaliero chiedeva inconsciamente di andare “oltre” l’architettura, oltre la percezione puramente materica della stessa, intendeva realizzare un’ambiente che interagisse costantemente con i fruitori. Questi aspetti emozionali, apparentemente lontani dal mondo dell’architettura modificarono ed influirono totalmente l’approccio alla progettazione architettonica.

Schizzo di progetto, Napoli 2014
Fig.6 Schizzo di progetto, Napoli 2014 [archivio fotografico privato, antoniodimaro&Partners architects, 2014]

Il team di lavoro dopo lunghe analisi conoscitive e progettuali sulla sala, pensò di portare il “bosco” nel ospedale, con l’intenzione di donare ai bambini, impossibilitati, contatto con l’ambiente l’esterno, facendogli vivere se pur in maniera artificiale tutte le sensazioni e le percezioni multisensoriali legate all’esperienza di una passeggiata al parco. Nelle intenzioni progettuali, la permanenza o anche il solo attraversamento della sala, dovevano tramutarsi in un’esperienza multisensoriale che coinvolgesse completamente tutti i sensi del fruitore, inserendolo in un ambiente artificialmente ricostruito e che desse benessere e piacere psicofisico. L’idea quindi, era quella di far entrare la “vita” nell’ospedale mediante la riproposizione, in piccola scala, di un bosco, con tutti gli elementi che lo caratterizzano, partendo da quelli naturali: cielo, nuvole, alberi, prato, uccelli, sassi, fino ad arrivare a quelli antropici: strada, attraversamenti pedonali, panchine, biciclette, casette. L’ambiente è diviso in compartimenti visivi e funzionali entro i quali gli utenti, principalmente i bambini, possono muoversi liberamente, al contempo provando ad ogni sposamento motorio o visivo le medesime sensazioni piacevoli di stare in un parco all’aperto. Il fil rouge progettuale è costituito da una vera e propria strada che attraversa l’intera sala d’attesa, collegando l’accettazione con la radiologia dell’ospedale, ai margini di essa, lungo i lati, vi sono diverse aree tematiche con l’obiettivo di donare di volta in volta percezioni sempre diverse agli utenti. Le aree tematiche sono divise in pixel funzionali, ricavati mediante la composizione materica sempre diversa in ogni area del prato verde. L’area giochi da tavolo, ricavata nella zona esposta ad est beneficia di luce naturale diretta. I tavoli studiati e disegnati dal team in base alle esigenze sono retroilluminati e hanno forme organiche e ed ergonomiche,

La sala d’attesa dell’Ospedale Pausillipon nel giorno della sua inaugurazione, Napoli 2014
Fig.7 La sala d’attesa dell’Ospedale Pausilipon nel giorno della sua inaugurazione, Napoli 2014 [archivio fotografico privato, antoniodimaro&Partners architects, 2014]

consentono così l’aggregazione nel gioco e la condivisione inconscia delle attività. Nelle aree immediatamente circostanti sono posizionate pietre ed animali per far si che si percepisca la completa immersione in un parco. Sono presenti anche una casetta e uno scivolo con la caratteristiche forme e composizione materica di una capanna nel bosco con l’intenzione di stimolare la coesione sociale e l’aggregazione motoria. Un’ area adibita alle esperienze multimediali – TV, videogames e giochi interattivi – è stata creata nella zona a ridosso della radiologia.

All’ingresso della sala del parco, sono state poste delle sedute per i genitori con le forme della natura e posizionate in modo che gli stessi possano vigilare costantemente sui loro figli. Tutte le forme presenti sono state realizzate da un’azienda italiana e sono studiate per trasferire al tatto le medesime sensazioni degli elementi che riproducono, cosi facendo la visualizzazione celebrale è supportata anche da quella tattile facendo risultare l’esperienza verosimile. I componenti usati per realizzare la strada e il prato dovevano per obbligo di legge essere in materiale plastico e dovevano avare una superficie facilmente pulibile, inoltre ai bordi della sala il materiale che riveste il pavimento doveva girare e salire per almeno 30 centimetri sulle pareti. Risultava evidente che gli obblighi legislativi imposti dalla struttura erano limitanti ai fini del raggiungimento del risultato sperato e dovevano essere superati con estro creativo. Cosi il team dopo giorni di studi e contrattazioni con i tecnici dell’azienda tedesca produttrice del materiale per il rivestimento del pavimento, sui possibili modi per realizzare un materiale che cambiasse composizione materica, colore e che risultasse al tatto sempre diverso, fece ideare, mandare in produzione e inserire nell’elenco dei materiali oggi disponibili sul mercato, le attuali texture del prato e della strada. Il prato che riveste la pavimentazione della sala è stampato su un materiale plastico, è nato mediante la composizione e successiva fusione fotografica di 20 scatti fatti a più prati verdi in tutte le condizione meteorologiche e di esposizione luminosa, dopo la materializzazione di una singola immagine, la stessa è stata utilizzata e riprodotta sul materiale mediante l’utilizzo di una scanner ad alta definizione. La medesima procedura ha interessato la zona asfaltata della strada. Per il risvolto di 30 centimetri sulla parete, l’azienda realizzò delle trame di materiale con un colore di verde più intenso e stampata con una maggiore intensità di pixel, in questo modo la lettura visiva donava una naturale profondità di campo e ampiezza alla sala. Chiaramente i materiali de quo nel catalogo prodotto portano ancora oggi il nome “Dreambox”.


La vista

Mediante gli studi sulle proporzioni, sulla prospettiva architettonica, sui disegni degli alberi e sulla composizione della texture del verde, il campo visivo dell’utente risulta ingrandito cosi da trasmettere la percezione di uno spazio architettonico più ampio di quanto realmente sia, inoltre ogni angolo della sala è completamente rivestito con una texture con la fedele riproduzione in 3 dimensioni di ogni elemento della natura: alberi, prato, cielo o nuvole. Le vernici usate per la decorazione delle pareti e del soffitto è a cristalli liquidi, in questo modo il colore e l’intensità degli alberi e delle nuvole cambiano a seconda della posizione dell’utente ed in funzione della quantità di luce che ricevono, così che l’occhio e le trame riprodotte risultano dinamiche e verosimili. Gli elementi di arredo, riproducono un bosco, con le sue forme organiche sempre diverse: sassi, tronchi d’albero, alberi e quelle animali: orsacchiotti, pinguini, fantasmini, di notte fungono da fonti di illuminazione artificiale, disposti nella sala in posizione strategica tale da riprodurre fedelmente le variegata composizione delle forme di vita presenti in un bosco.

La sala d’attesa dell’Ospedale Pausilipon all’imbrunire, Napoli 2014
Fig.8 La sala d’attesa dell’Ospedale Pausilipon all’imbrunire, Napoli 2014 [archivio fotografico privato, antoniodimaro&Partners architects, 2014]
 

L’illuminazione artificiale

Con un particolare studio sulla luce artificiale, sulla sua intensità, sul suo colore e sulla posizione dei corpi illuminanti, il parco del Pausilipon replica artificialmente il susseguirsi del giorno e della notte, equilibrando cosi il ciclo circadiano degli occupanti lungo l’intero arco del giornata, in pratica se all’esterno è notte, quando si entra nella bosco del Pausilipon si trova la notte e viceversa, in questo modo ai fruitori è assicurata la perfetta corrispondenza tra l’alternarsi del giorno e della notte, alternanza che la memoria celebrale dell’uomo rischia di dimenticare quando è costretto a vivere per lunghi periodi in un luogo chiuso. Di notte i corpi illuminanti presenti al soffitto perdono la loro intensità luminosa, così il bosco, gli alberi ed il cielo si scuriscono per lasciare spazio a quella degli elementi organici posti al suolo, in questa fase gli orsacchiotti, i pinguini e gli tutti elementi organici che arredano la sala si illuminano di luce calda di circa 3000 kelvin, generando un effetto notturno e confortevole che stimola il sonno.

L’udito

Dal punto di vista audiometrico, per separare nettamente la sala rispetto agli altri ambienti dell’ospedale, a tutte le pareti perimetrali è stata inserita una membrana in lana di roccia ad alta densità, successivamente rivestita con intonaco e poi tinteggiata. In questo modo si evita che i rumori tipici di un ospedale in attivo, possano distrarre l’utente dalla sua esperienza nel bosco. Per ricreare un ambiente verosimilmente vicino a quello di un bosco è stato realizzato un sistema di filodiffusione con fonti sonore nascoste “tra le nuvole” al soffitto e nelle pareti “tra gli alberi”, il compito di quest’ultimo, oltre a quello riportare le comunicazione ufficiali dalla struttura, è quello di riprodurre in maniera continuativa i suoni tipici della natura, se si entra nella sala d’attesa del Pausilipon infatti, si sentono in sottofondo uccelli, grilli e il vento che spira. Un grosso lavoro sul suono è stato fatto anche per attenuare i rumori provenienti dagli stessi fruitori della sala, che rischiavano di generare caos sensoriale, così gli stessi pannelli in fibra di roccia ad alta densità sono utilizzati per le partizioni verticali, sono stati posti anche nelle strutture che compongono il controsoffitto, successivamente dipinti con le nuvole ed il cielo.

Il tatto

Nella sala d’attesa, il senso del tatto risulta costantemente stimolato, in considerazione della giovane età del fruitori la composizione materica della pavimentazione cambia a seconda del posto in cui l’utente si trova, mediante la scelta dei materiali e della loro composizione materica la sala è stata compartimentata inducendo il fruitore ad un percorso preimpostato. La strada che collega l’accettazione alla radiologia è realizzata con un materiale più ruvido rispetto alle aree a vedere laterali, in questo modo si cerca di “allontanare” il bambino da quel luogo che risulta essere in uso anche dal personale sanitario. Gli alberi ed il sottobosco riprodotto ai muri presentano una tridimensionalità ed una ruvidezza materica ogni volta diversa, così da indurre sensazioni tattili variegate. Gli orsacchiotti, il maialino o lo pietre, hanno tutti una composizione materica verosimile, così da ricreare anche dal punto di vista tattile un ambiente simile a quello esistente in natura. L’interazione ed il connubio di più fattori sensoriali inseriti nel parco del Pausilipon genera un’esperienza molto forte nei fruitori. Nel parco del Pausilipon, così come in natura, il tatto riveste un ruolo importante nella scoperta delle varie aree funzionali, degli animali e dei materiali che ripropongono il bosco.

L’analisi e i risultati ottenuti dalla sperimentazione

Considerato il perentorio divieto della struttura di sottoporre la tabella di valutazione ai genitori e l’impossibilità di interrogare i bambini durante la permanenza nella sala,  il team, ha trascorso ore nell’osservare le risposte emotive dei fruitori della sala. I risultati come spesso capita sono stati variegati, alcuni hanno chiarito e consolidato studi già importanti e navigati, altri invece hanno sorpreso dando un punto di vista totalmente nuovo ed inaspettato alla sperimentazione.

Le logiche sottese di maggiore ruvidezza della strada che collega accettazione e radiologia della sala, hanno realmente dato i risultati sperati, difatti i bambini, dopo un primo approccio conoscitivo alla materia, si allontanavano non tornandoci su e addirittura per raggiungere le aree situate nel lato opposto ad essa utilizzavano le preposte strisce pedonali realizzate con una tonalità di bianco e con la stessa ruvidezza materica del prato. Nella maggior parte de casi nel percorre le suddette strisce saltavano da striscia a striscia senza indagare la texture nera dell’asfalto. Anche nel caso degli elementi materici organici o animali, la reazione è stata come da aspettative, i bambini, dopo aver indagato con scrupolo cognitivo gli elementi erano successivamente attratti sia dalle loro forme che dalla loro componente materica che rispecchiava verosimilmente quella reale creando un empatia o se si vuole “simulazione incarnata” con essi. Nella maggior parte dei casi i bambini erano spinti ad abbracciare i piccoli animali, in qualche caso si attivava anche una conversazione animata, mimando o simulando i gesti tipici dell’animale in questione. Il numero di interazione emotiva – abbracci – con gli animali aumentava quando gli stessi, nelle ore notturne, risultavano illuminanti con luce calda, con molta probabilità i corpi illuminanti donando calore anche materico oltre che visivo agli oggetti spingevano gli utenti al contatto con essi. I giochi da tavolo incoraggiavano l’interazione tra i bambini attratti nella la maggior parte dei casi dall’interesse mostrato dal suo coetaneo per quella attività. Si innescava una reazione a catena verso l’interesse per quella attività che diventava motivo di condivisione e di conoscenza tra le parti. Si è riscontrato infatti, che molto spesso l’attività ludica creata dai progettisti, dopo un primo approccio conoscitivo veniva messa in secondo piano per la forte interazione che si innescava tra i bambini.

La sala d’attesa dell’Ospedale Pausilipon di notte in un test pre-inaugurazione, Napoli 2014
Fig.9 La sala d’attesa dell’Ospedale Pausilipon di notte in un test pre-inauragazione, Napoli2014 [archivio fotografico privato, antoniodimaro&Partners architects, 2014]

Il caso della casetta e dello scivolo, invece, hanno avuto riscontro negativo, i bambini infatti erano subito attratti da quella attività, ma in quel caso si innescava la reazione inscoscia dei genitori che abbandonavano la loro seduta posta all’inizio della sala e invadevano l’area dei bambini, il tutto creava un caos funzionale importante, che interrompeva ogni volta l’interazione tra loro. Un elemento che ha attirato l’attenzione è stato quello inerente la percezione audio che i bambini avevano. In molti casi infatti, attratti dai suoni generati dalle fonti sonore, i bambini erano impegnati nella spasmotica ricerca della loro provenienza, perdendo di vista l’aspetto socializzativo che il team aveva a cuore, inoltre una volta individuata la posizione della fonte sonora, nella maggior parte dei casi si è assistito alla volontà di estirparla dalla sua sede. In questo caso, la diversificazione della posizione delle fonti sonore, compreso anche nelle partizioni verticali, pensata per rendere la simulazione verosimile, si è dimostrata un errore progettuale. Un altro elemento che ha incuriosito gli osservatori è stato lo scarso, utilizzo fatto degli apparecchi multimediali – televisore, giochi virtuali etc -, si è riscontrato infatti, che tranne in qualche raro caso nel qualche il bambino si isolava completamente nel guardare la TV, nella maggior parte gli apparecchi multimediali non venivano usati. I bambini presi dal fermento emotivo della scoperta di ogni singolo elemento che successivamente metteva in socializzazione tra loro non utilizzavano né videogiochi né TV. Questo aspetto ha colpito il team forse più di tutti gli altri, in quanto apre la strada ad importanti riflessioni sul modo che gli architetti e i progettisti hanno nel realizzare i loghi, soprattutto quelli adibiti alla socializzazione. Nell’osservare le attività dei fruitori si è notato come tutte le novità multisensoriali attiravano la curiosità dei bambini, che nell’indagare ogni volta un nuovo elemento tornavano dai genitori per avere un riscontro immediato sulla questione. Osservando i genitori si è notato che anch’essi seduti nell’area dedicata a loro, nella maggior parte dei casi socializzavano e traevano benessere momentaneo da quell’esperienza.

Conclusioni

A monte dell’esperimento fatto e considerata la moltitudine di elementi presi in esame, le considerazioni da fare meriterebbero un dissertazione importante. Da una mera analisi visiva fatta di lunghe e costanti osservazioni tenute durante le varie ore del giorno, da un punto di vista “non scientifico” pare che l’esperimento sia riuscito nel compito che si era preposto, quello di donare benessere e piacere, se pur momentaneo, agli utenti della struttura. Difatti entrare nel parco del Pausilipon e nell’investigare tutte le sensazioni che l’architettura suscita, può alleviare o almeno allontanare per qualche momento il senso di oppressione generato da quella pesante situazione emotiva vissuta dai bambini e dai genitori. Il senso di piacere nel trovare e interagire con gli elementi della natura a cui “l’uomo appartiene” dentro una sala d’attesa di un ospedale oncologico è generato dagli stimoli inconsci della mente che la neurologia sta negli ultimi anni investigando.

Si è sempre più coscienti dell’importante responsabilità che gli architetti e i progettisti del nostro tempo hanno nel realizzare manufatti e del determinante contributo che possono dare alla società, soprattutto in esempi come quello del Pausilipon, appena esposto. Le strutture ospedaliere, le scuole, gli uffici, ma anche le semplici abitazioni, possono godere degli spunti di benessere che i neuroscienziati insieme agli architetti possono generare.

Risulta evidente però, che la mera analisi visiva fatta di osservazioni, porta con sé importanti limiti strutturali alla ricerca e soprattutto non avendo riscontri scientifici dei risultati ottenuti, il rischio è di procedere a “tentoni”, sprecando così tempo ed energie in attività che potrebbero essere molto più produttive. Se solo il mondo della ricerca e quello delle professioni lavorassero in sinergia, progetti come il Pausilipon potrebbero dare importanti risposte di valore scientifico, che farebbero da guida alle future generazioni o come già accennato in prefazione, potrebbero entrare addirittura nell’ordinamento legislativo.

BIBLIOGRAFIA

Marco Vitruvio Pollione, 1997. De architectura, Torino: Einaudi Editore.

Bellini, E Bocci, P Fossati, R Spinelli, 1994. Lo spazio terapeutico. Un metodo per il progetto di umanizzazione degli spazi ospedalieri. Firenze: Alinea Editrice.

Harry Francis Mallgrave, 2013. L’empatia degli spazi, Architettura e Neuroscienze, Milano: Raffaello Cortina Editore.

Vilayanur Subramanian Ramachandran , 2011, The Tell-Tale Brain, New York: W.W. Norton & Company. Inc.

abstract

Nell’interessante dibattito tra forma e funzione degli edifici, il complesso tema della neuroarchitettura si fa spazio aprendo un capitolo tutto nuovo nella storia dell’architettura moderna e sulle teorie di composizione architettonica, modificandone radicalmente il punto di vista ed inserendo la componente scientifica nella materia e nell’arte in genere.

Affrontato l’approccio teorico non si può prescindere dalle applicazioni pratiche sul tema, con esempi reali e tangibili su come l’applicazione sapiente della neuroarchitettura può giovare concretamente nella progettazione dei manufatti. In questa fase di importante fermento scientifico, gli architetti e progettisti in genere, nel tramutare le teorie scientifiche in realizzazioni concrete, hanno una grossa responsabilità. La sperimentazione sul campo avviene applicando le diverse teorie scientifiche in materia a tutte le fasi della progettazione architettonica, dal concept alla realizzazione, controllando costantemente tutte le fasi del processo e valutando di volta in volta gli effetti generati nel medio-lungo periodo. In questo delicato scenario la crescita può essere ottenuta soltanto mediante la stretta cooperazione tra il mondo della ricerca e quello dei progettisti. Un’applicazione pratica è avvenuta nel 2014 con la riproduzione in scala ridotta di un bosco inserito nella sala d’attesa dell’Ospedale pediatrico oncologico Pausilipon di Napoli. Il progetto nasce dalla necessità di portare sollievo morale ai giovani pazienti della struttura ospedaliera. Il team di lavoro, vincitore di una competizione di architettura, pensa di portare il “bosco” nell’ospedale, con l’intenzione di donare ai piccoli pazienti, impossibilitati per lunghi periodi a lasciare la struttura ospedaliera, un contatto con l’ambiente l’esterno, facendogli vivere se pur in maniera artificiale tutte le sensazioni e le percezioni multisensoriali legate all’esperienza di una passeggiata al parco. Nelle intenzioni progettuali, la permanenza nella sala, deve tramutarsi in un’esperienza multisensoriale che coinvolge completamente tutti i sensi del fruitore, inserendolo in un ambiente artificialmente ricostruito che dia benessere e piacere psicofisico.

In che modo il nostro cervello risponde agli stimoli provenienti dall’ambiente costruito?

Quanto e in che modo una buona progettazione contribuisce al benessere psicofisico dell’individuo?

Può un architetto progettare spazi che diano benessere, che aumentino la capacità di concentrazione, che aiutino la guarigione o che siano formativi?

La risposta ai precedenti quesiti è si, difatti negli ultimi decenni la nostra mente è oggetto di studio e di analisi approfondite. Dagli studi condotti si è appurato che il cervello risponde agli stimoli esterni con meticoloso giudizio e attiva apposite cellule per ognuno di essi, inoltre per ogni stimolo proveniente dell’ambiente esterno crea una mixité di impulsi che provengono dai ricordi, dai sensi percettivi e dalla memoria a breve termine. Sebbene le ricerche scientifiche siano di matrice moderna, da sempre l’uomo e, in particolare l’architetto, ha, seppur inconsapevolmente, considerato le caratteristiche del corpo umano nell’interazione con l’ambiente circostante.

La Neuroscienza, i neuroni specchio, la simulazione incarnata e le implicazioni con l’Architettura

Le neuroscienza cognitiva è una disciplina scientifica nata agli inizi del secolo scorso quando, in seguito allo sviluppo di una serie di tecniche volte a visualizzare il funzionamento della corteccia e dei nuclei cerebrali, si chiarì come il cervello rende possibile la cognizione e più in generale come funziona la mente in rapporto ad attività quali la memoria, l’apprendimento, l’emozione, i processi inconsci.

In un laboratorio presso l’Università di Parma nel 1991, un gruppo di scienziati capeggiati da Giacomo Rizzolatti, si imbatté in una scoperta che avrebbe cambiato per sempre il punto di vista dell’umanità sulla comprensione del cervello, in merito alle capacità celebrali. Scoprirono gruppi di neuroni nel cervello delle scimmie e poi successivamente verificarono la presenza anche negli essere umani, che si attivavano non solo quando un soggetto a manipola un oggetto, ma anche quando solamente lo vede fare. A questi neuroni fu, infine, dato il nome di “neuroni specchio”. Studi successivi hanno rilevato inoltre la presenza di sistemi molto più elaborati di questi neuroni sparsi in diverse aree del cervello. Questi sistemi ci permettono di simulare o ripetere mentalmente l’attività degli altri e di comprendere le intenzioni e le emozioni dietro a queste azioni, inoltre si è scoperto che nel guardare una persona compiere un’azione si attivano anche aree del cervello addette alla funzioni motorie. In pratica il cervello attiva tutte le funzioni preposte allo svolgimento dell’azione pur solo essendo spettatore dell’azione stessa, spesso lo facciamo in maniera inconscia ed inconsapevole. La sensazionale scoperta accende i riflettori e apre una strada verso la “teoria dell’empatia”, mostrando importanti implicazioni antropologiche, poiché essi forniscono una traccia di come impariamo ed entriamo in relazione con gli altri.

Connessione di neuroni
Neural connections in the brains of men and women. Love at first sight. Relationship between people. 3D illustration. A high resolution.

Vilayanur Subramanian Ramachandran, un neuroscienziato indiano, si spinge fino ad ipotizzare che il raffinamento dei neuroni specchio nell’uomo sia stata una delle forze trainanti del grande balzo in avanti che i nostri antenati hanno compiuto nello sviluppo dell’arte, della matematica e del linguaggio, con l’esclusiva abilità umana di trasmettere l’informazione culturalmente. I neuroni specchio sembrano dunque, in senso più generale, definire fenomenologicamente il nostro rapporto empatico con il mondo.

Tania Singer, direttore del Dipartimento di Neuroscienze Sociali presso l’Istituto Max Planck per le Scienze Cognitive e la Cervice Umane, in Germania, in un suo esperimento ha dimostrato che durante la visione o al solo pensiero di qualcuno che prova dolore, il nostro cervello attiva circuiti neuronali simili, come se fossimo noi a provare il dolore, eccetto chiaramente, che nelle aree sensoriali coinvolte nella sensazione “effettiva” del dolore.

Tutto quanto precedentemente detto, come investe il mondo delle arti e dell’architettura?

Harry Francis Mallgrave, nella sua magistrale opera del 2013, l’empatia degli spazi”, nel relazionare circa la simulazione incarnata e la sua connessione con l’arte e l’architettura sostiene che l’attività neurologica viene percepita dal cervello attingendo informazioni dall’esterno con tutti i suoi sensi, difatti scrive:

se mi trovo nella galleria degli Uffizi e osservo un dipinto raffigurante la crocifissione di San Sebastiano, il mio corpo reagisce automaticamente a quelle aree colpite dalle frecce come se stesi simulando la sua condizione fisica ed emotiva. E’ importante notare che il sistema empatico dei neuroni specchio non si limita al senso della vista[…]Sembra che abbiamo la capacità precognitiva di rispecchiare i valori tattili di tutti gli oggetti o le forme nei nostri ambienti, sia viventi sia non e che questa facoltà sia una delle chiavi del nostro particolare livello di coscienza e di comprensione del mondo[…]i nostri neuroni specchio siano coinvolti anche nel fare esperienza di un quadro, una scultura o un edificio, e che questo processo avvenga attraverso l’attivazione congiunta dei circuiti sensori-motorio, emotivo ed edonico, in altre parole, nel percepire un opera d’arte o nell’abitare un ambiente costruito, simuliamo le forme e i materiali con i nostri corpi; in certo senso, empatizziamo con essi fisiologicamente ed emotivamente, e solo in un secondo momento ci formiamo una compiuta consapevolezza del nostro piacere o meno per quello di cui abbiamo fatto esperienza[…]la simulazione del movimento o dell’attività fisica diventa un fattore primario in molte opere d’arte[…]stando in piedi accanto a palazzo Medici a Firenze, sentiamo le mani callose e la forza del martello e dello scalpello su blocchi di pietra, perché simuliamo lo sforzo compiuto per raggiungere un tale risultato. Nell’avvicinarsi alle colonne tortili del baldacchino del Bernini a Roma, ci contraiamo perché simuliamo somaticamente e visceralmente la torsione all’interno dei nostri stessi corpi[…]l’architettura più di ogni altra altre, richiede non solo che se ne simulino materiale e forme, ma anche che si anticipi l’intenzione di muoversi al suo interno. (Raffaello Cortina, 2013).

Giovanni Antonio Bazzi, o de’ Bazzi, detto il Sodoma, dipinto di San Sebastiano
Fig.1 Giovanni Antonio Bazzi, o de’ Bazzi, detto il Sodoma, dipinto di San Sebastiano, 1525, Firenze, Galleria degli Uffizi. [Libreria Digitale informatica]

Le neuroscienze, quindi, esplorano anche il mondo dell’architettura e delle arti in genere cercando di spiegare i motivi alla base di ogni tipo di impulso che la mente riceve e poi metabolizza quando si trova a contatto con un opera d’arte o con un ambiente costruito, in questa ricerca e costante scoperta alla mente umana nei confronti delle opere di architettura, una cosa sia ben chiara, la spiritualità progettuale ed il patos creativo resta unico di ogni individuo e della sua sensibilità. Più specificamente, la neuro-architettura studia il livello di risposta psicologica umana ai componenti che costituiscono gli ambienti costruiti. Se estendiamo l’orizzonte conoscitivo della neuroscienza applicandola all’architettura porteremo fornire nuovi e sostanziali elementi ai progettisti e donare beneficio all’umanità intera.

La scoperta e la continua ricerca nel settore, investono in toto il mondo dell’architettura, del design e delle arti in genere, ricorre perciò a nostro vedere l’obbligo da parte degli addetti ai processi di antropizzazioni del paesaggio di investigare e approfondire il complesso mondo delle neuroscienze. L’approccio multisensoriale dettato dall’architettura sembra avvicinare questa materia alla neuroscienza più che ad ogni altra arte o tema. La neuroscienza investiga l’architettura con una miriade di componenti diversi ma che interagiscono tra loro, dai materiali con la loro composizione materica, ai suoni, alla luce, agli odori, insomma un architetto sapiente e conscio delle attività neuronali inscritte nel cervello, può realizzare manufatti a misura d’uomo o per esempio stimolare esattamente le funzioni desiderate in uno o in un’altra destinazione d’uso richiesta. I neuroarchitetti studiano, insieme ai neuroscienziati, come usare i sensi, come archiviare e riutilizzare le esperienze sensitive, come pianificare i movimenti, anche quelli oculari.

Una delle principali organizzazioni mondiali coinvolte nello studio del neuro-architettura è l’Accademia di Neuroscienze per l’Architettura o ANFA, questo polo di eccellenza mira a promuovere lo studio del rapporto tra gli edifici e il corpo umano. In funzione dal 1980, incoraggia attivamente la ricerca degli studiosi che utilizzano la neuroscienza nell’approfondire l’impatto che gli elementi costruiti dall’uomo hanno sulle funzioni del sistema nervoso e che tipo di attività cerebrale si verifica come risultato della stimolazione dei sensi.

Un esempio magistrale di come l’architettura può influenzare positivamente il cervello e donare piacere neurologico risiede nella cappella di Thorncrown. La storia della cappella comincia nel 1971, quando Jim Reed, nativo di Pine Bluff, Arkansas, acquistò terra a Eureka Springs, Arkansas, per costruire la sua casa di riposo. Altre persone ammirarono la sua posizione e spesso si fermavano alla sua proprietà per avere una migliore visione delle splendide colline di Ozark.

La cappella di Thorncrown di notte, Fay Jones
Fig. 2 La cappella di Thorncrown di notte, Fay Jones, Eureka Springs in Arkansas, Stati Uniti d’America 1980. [http://www.ddarcart.com]

Un giorno, mentre camminava per la collina verso la sua casa, gli venne l’idea che lui e sua moglie dovessero costruire una cappella di vetro nei boschi per dare ai passeggeri un posto dove riposarsi, riflettere e rinfrescare. Ha chiesto al suo amico architetto Fay Jones di progettare la cappella.

 

La cappella di Thorncrown con la neve, Fay Jones
Fig. 3 La cappella di Thorncrown con la neve, Fay Jones, Eureka Springs in Arkansas, Stati Uniti d’America 1980. [http://www.ddarcart.com]

Se si cammina in questa piccola cappella immersa nelle montagne di Ozark, è probabilmente colpito per la magnificenza e per l’aspetto mastodontico, nonostante la cappella sarebbe facilmente inserita in uno dei transetti della Cattedrale Nazionale di Washington, eppure appare decisamente più grandeAmerican Institute of Architects (AIA) l’ha scelto come la quarta opera di architettura più impressionante del XX secolo. Dal 10 luglio 1980, giorno in cui la cappella Thorncrown è stata aperta al pubblico, oltre cinque milioni di persone l’hanno visitata, vincendo numerosi premi architettonici.

La cappella di Thorncrown di giorno, Fay Jones
Fig. 4 La cappella di Thorncrown di giorno, Fay Jones, Eureka Springs in Arkansas, Stati Uniti d’America 1980. [http://www.ddarcart.com]

La cappella è realizzata con tutti i materiali organici per adattarsi al suo ambiente naturale, i materiali da costruzione con cui è stata realizzata sono prevalentemente tronchi di pino locali e gli elementi più grandi dell’edificio, come i tralicci, sono stati assemblati sul pavimento e messi in posizione. Di giorno i giochi di luce e ombre svolgono un ruolo importante nell’atmosfera di Thorncrown, di notte viceversa il riflesso delle luci attraverso le croci delle capriate lignee circondano il bosco intorno alla ed essa. La cappella è completamente in simbiosi con la natura, diventando parte integrante di essa. Dal punto di vista delle scienze cognitive è possibile fornire alcune ipotesi plausibili sulle esperienze emozionali associate alla Cappella Thorncrown.

Le nostre esperienze progettuali tra architettura e neuroscienza

E’ nel 2013, grazie ad un seminario di tre giorni, che i riflettori iniziano ad essere puntati sul vasto ed interessante mondo scientifico delle neuroscienze e delle sue possibili implicazioni con l’architettura, compresa la potenza intellettuale della materia, sin dal primo approccio non si può non essere consapevoli dell’importante responsabilità che gli architetti e i progettisti del nostro tempo hanno nel progettare sapientemente un manufatto, un quartiere o una città.

Scoperta tale frontiera, diviene un obbligo morale e professionale cercare con importanti opere di persuasione di erudire i committenti sui benefici che la neuroarchitettura può apportare anche nelle semplici abitazioni. L’informazione, questa è la chiave di volta: è doveroso, oltre che giusto, informare anche il committente che deve semplicemente ristrutturare il proprio appartamento, in modo che quelle nozioni, purtroppo oggi ancora poco diffuse, se pur in maniera superficiale passino di “bocca in bocca” e il tema diventi virale. Ad ogni colloquio ad ogni incontro con i committenti, dopo aver parlato di tutte le logiche sottese alla progettazione architettonica, ogni professionista del settore dovrebbe argomentare circa la neuroscienza applicata all’architettura e illustrare che esiste un legame inscindibile tra essere umano e ambiente che lo circonda e che lo stesso influisce considerevolmente sull’umore e sullo stato d’animo delle persone.

Il più delle volte, la risposta che si riceve da parte del cliente medio, purtroppo ancora non abbastanza informato sulla materia, è lo scetticismo in linea con l’inconsapevolezza che la complessità della materia porta con sé. Con ampia probabilità si può affermare che il problema sia di carattere informativo e quindi culturale, non esiste nelle persone comuni alcuna nozione o familiarità con l’argomento, il che crea un distacco e una diffidenza importante che non permette di sperimentare nella pratica le importanti teorie di cui gli scienziati discutono. Ad oggi possiamo dire che in tutti i nostri progetti, con la consapevolezza o meno della committenza, sperimentiamo ed innestiamo elementi, trame, strascichi o solo patchwork materici, con l’obbiettivo di applicare gli studi dei ricercatori sul campo pratico, cercando ed analizzando poi le risposte concrete.

Tuttavia il vero aspetto interessante non risiede nella consapevolezza immediata del committente, ma nel suo feedback emotivo e percettivo nel lungo – medio periodo, dopo aver vissuto e fruito gli spazi per anni. L’analisi dei feedback inizialmente veniva condotta mediante la sotto posizione a mezzo e-mail di semplici domande mirante solo alla valutazione del confort abitativo, al fine di appurare le qualità o i difetti dei singoli progetti. Purtroppo non sempre i committenti davano il giusto peso ai quesiti sottoposti, infatti sebbene le domande fossero poste in maniera semplice ed accessibile a tutti, spesso le risposte erano superficiali ed affrettate.

Così al fine di ottenere un riscontro il più verosimile a quello scientifico la prassi si è evoluta nell’elaborazione di una tabella soddisfazione sottoposta a ciascun committente alla chiusura del cantiere. I committenti hanno la possibilità di compilarla secondo i propri tempi e di restituirla quando sono certi delle risposte, in questo modo tra la parti si innesca una consapevolezza diversa, più profonda, che rende il questionario maggiormente affidabile

Durata In Anni 1 Anno 2 Anni 3 Anni 4  O Piu Anni
  il tuo living/zone pubbliche della tua casa/negozio/ristorante/altro credi siano rilassanti?   si – forse – no – (se no cosa in cosa li miglioreresti?)   si – forse – no – (se no cosa in cosa li miglioreresti?)   si – forse – no – (se no cosa in cosa li miglioreresti?) si – forse – no –     si – forse – no – (se no cosa in cosa li miglioreresti?)
la tua camera da letto è confortevole? Ci  dormi bene?   si – forse – no – (se no cosa in cosa li miglioreresti?) si – forse – no – (se no cosa in cosa li miglioreresti?) si – forse – no – (se no cosa in cosa li miglioreresti?) si – forse – no – (se no cosa in cosa li miglioreresti?)
gli spazi della tua casa/negozio/ristorante/altro credi siano ben calibrati?   si – forse – no – (se no cosa in cosa li miglioreresti?) si – forse – no – (se no cosa in cosa li miglioreresti?) si – forse – no – (se no cosa in cosa li miglioreresti?) si – forse – no – (se no cosa in cosa li miglioreresti?)
i colori, i materiali e gli elementi decorativi dei vari ambienti della tua casa/negozio/ristorante/altro sono soddisfacenti?   si – forse – no – (se no cosa in cosa li miglioreresti?) si – forse – no – (se no cosa in cosa li miglioreresti?) si – forse – no – (se no cosa in cosa li miglioreresti?) si – forse – no – (se no cosa in cosa li miglioreresti?)
le forme degli arredi, dei muri e delle componenti materiche della tua casa/negozio/ristorante/altro ti piacciono? si – forse – no – (se no cosa in cosa li miglioreresti?) si – forse – no – (se no cosa in cosa li miglioreresti?) si – forse – no – (se no cosa in cosa li miglioreresti?) si – forse – no – (se no cosa in cosa li miglioreresti?)

Tabella n.1

La tabella presenta una riga temporale in alto – si ritiene infatti che l’aspetto temporale sia importante nella fruizione degli spazi –  e 5 domande incrociate nella colonna corrispondente. Le domande per quanto diverse da manufatto a manufatto, celano la stessa curiosità, l’obbiettivo è arrivare alla comprensione delle sensazioni di benessere o stress percepite dagli utenti che fruiscono gli ambienti. Le domande sono poste in modo che ogni risposta sia scevra da condizionamenti e frutto dell’impulso istintivo e delle sensazioni percepite dai committenti.

I risultati ottenuti sono molto interessanti, si riscontra infatti che i manufatti pensati e realizzati con l’utilizzo di forme organiche, riscuotono un grosso successo, con feedback sempre positivi lungo tutto il periodo temporale di riferimento della tabella. Estraendo i dati delle tabelle dei singoli progetti, le risposte date evidenziano che ad esempio nei luoghi destinati al confort come camere da letto, stanzette ed anche i bagni, si preferiscono colori e rivestimenti con trame tenui, solamente se hanno una tonalità dal blu in giù. Di contro nei medesimi ambienti i colori e rivestimenti di tonalità sempre tenui ma questa volta nella tonalità dal rosso in su, risultano gradevoli solo nel breve periodo, divenendo stancanti invece nel lungo periodo. I dati raccolti ci informano che l’uso di forme organiche nelle abitazioni sono percepite come gradevoli dagli utenti e che il dato resta tale nel tempo, e ancora che ambienti illuminati con luce soffusa e tendente verso il giallo – circa 3000 kelvin – inducono l’individuo alla relax, mentre al contrario quelli con un’illuminazione fredda – circa 6000 kelvin – inducono  allo stress con forte concentrazione e attenzione negli individui. Alla luce delle sperimentazioni eseguite i dati raccolti sono ancora incompleti e forse superficiali, per riuscire ad applicare le teorie in maniera più scientifica bisognerebbe implementare il lavoro di raccolta dati anche fase iniziale, acquisendo anche i dati ingresso relativi alle esigenze dei committenti con i loro nuclei familiari e delle loro ambizioni di vita future. Consentendo cosi una progettazione degli ambienti che sia polivalente in grado di soddisfare anche le eventuali esigenze future e prevederle.

Durata In Anni 1 Anno 2 Anni 3 Anni 4  o Più Anni
  Credi di implementare il tuo nucleo familiare?     si – forse – no – altro ( se altro scrivere cosa)   si – forse – no – altro ( se altro scrivere cosa)   si – forse – no – altro ( se altro scrivere cosa)   si – forse – no – altro ( se altro scrivere cosa)
Credi di aver bisogno di spazi utili allo studio/lavoro?   si – forse – no – altro ( se altro scrivere cosa) si – forse – no – altro ( se altro scrivere cosa) si – forse – no – altro ( se altro scrivere cosa) si – forse – no – altro ( se altro scrivere cosa)
Prevedi di ospitare spesso persone?   si – forse – no – altro ( se altro scrivere cosa) si – forse – no – altro ( se altro scrivere cosa) si – forse – no – altro ( se altro scrivere cosa) si – forse – no – altro ( se altro scrivere cosa)
Pensi di trascorrere la maggior parte del tuo tempo nel living?   si – forse – no – altro ( se altro scrivere cosa) si – forse – no – altro ( se altro scrivere cosa) si – forse – no – altro ( se altro scrivere cosa) si – forse – no – altro ( se altro scrivere cosa)
Pensi di trascorrere la maggior parte del tuo tempo nella camera da letto?   si – forse – no – altro ( se altro scrivere cosa) si – forse – no – altro ( se altro scrivere cosa) si – forse – no – altro ( se altro scrivere cosa) si – forse – no – altro ( se altro scrivere cosa)
Pensi di trascorrere la maggior parte del tuo tempo in cucina?   si – forse – no – altro ( se altro scrivere cosa) si – forse – no – altro ( se altro scrivere cosa) si – forse – no – altro ( se altro scrivere cosa) si – forse – no – altro ( se altro scrivere cosa)
         

Tabella 2

La tabella 2 su esposta, dovendo essere ancora ben calibrata in base alla sperimentazione risulta ancora in fase di elaborazione, si consideri per tanto la precedente tabella al solo titolo di esempio.

Un caso studio – Un parco per il Pausilipon, breve tregua dal dolore

Riqualificazione della sala d’attesa dell’ospedale pediatrico oncologico Pausilipon di Napoli       

Nel 2014, i Rotaract Club – estensione giovanile dell’associazione Internazionale Rotary club – di tutta Italia unirono le forze e finanziando in cooperazione un unico progetto denominato “Dreambox”. L’obiettivo del progetto era realizzare una sala d’attesa a scopo ludico-ricreativo in uno degli ospedali pediatrici tra quelli Italiani, al fine di portare giovamento e benessere pfsicofisico ai giovani pazienti delle strutture ospedaliere. Le aree di progetto erano individuate dal Rotaract in sinergia con i presidi sanitari, in base alle esigenze e alle carenze di ogni singola struttura ospedaliera. Il concorso prevedeva un rigoroso “tetto di spesa” a cui ogni team doveva necessariamente attenersi. Alla competizione presero parte team di quasi tutte le regioni d’Italia, proponendo progetti nei vari ospedali pediatrici Italiani: l’Ospedale pediatrico Bambino Gesu’ di Roma, l’Istituto Giannina Gaslini di Genova, l’Azienda Ospedaliera Anna Meyer di Firenze e anche la Struttura Complessa di Pediatria Oncologica della Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano. Lo studio “antoniodimaro&Partners” fu incaricato di concorrere in rappresentanza del Distretto 2100, espressione rotariana della Regione Campania e Regione Calabria, occupandosi della sala d’attesa dell’ospedale pediatrico oncologico “Pausilipon” di Napoli.

La sala d’attesa dell’Ospedale Pausilipon prima della ristrutturazione, Napoli2014
Fig.5 La sala d’attesa dell’Ospedale Pausilipon prima della ristrutturazione, Napoli2014 [archivio fotografico privato, antoniodimaro&Partners architects, 2014]

La sala d’attesa dell’ospedale Pausilipon risultava concepita male, sia per la sua errata configurazione spaziale che per la scelta degli arredi e dei colori, inoltre, posta in una zona di collegamento tra la radiologia e l’accettazione, era permeata di continuo da personale sanitario, da carrozzine e da ospiti della struttura. Il tutto comportava uno stato di confusione visiva e fruitiva che certamente non si addiceva allo scopo per il quale era stata concepita. La cosa che colpì maggiormente il team incaricato della progettazione al momento del sopralluogo, fu il contatto con i pazienti, con i loro genitori e con il personale sanitario che risultò molto forte dal punto di vista emotivo. La maggior parte di quei bambini aveva un sistema immunologico molto debole, che li costringeva a rimanere per lunghi periodi all’interno della struttura ospedaliera evitando possibilmente ogni contatto con gli ambienti esterni per scongiurare il rischio di infezioni; a tutela dei piccoli pazienti, difatti fin da subito l’Istituto, tra gli obblighi e gli obiettivi progettuali, impose l’utilizzo di materiali asettici e facili da sterilizzare. Il progetto si sarebbe inserito in un contesto umano molto delicato con l’ambizioso obiettivo di realizzare una sala non solo funzionale, ma che riuscisse perfino a donare un po’ di “sollievo” ai fruitori di quegli spazi, compresi i genitori che, insieme ai figli affrontano il lungo e difficile percorso ospedaliero. Il presidio ospedaliero chiedeva inconsciamente di andare “oltre” l’architettura, oltre la percezione puramente materica della stessa, intendeva realizzare un’ambiente che interagisse costantemente con i fruitori. Questi aspetti emozionali, apparentemente lontani dal mondo dell’architettura modificarono ed influirono totalmente l’approccio alla progettazione architettonica.

Schizzo di progetto, Napoli 2014
Fig.6 Schizzo di progetto, Napoli 2014 [archivio fotografico privato, antoniodimaro&Partners architects, 2014]

Il team di lavoro dopo lunghe analisi conoscitive e progettuali sulla sala, pensò di portare il “bosco” nel ospedale, con l’intenzione di donare ai bambini, impossibilitati, contatto con l’ambiente l’esterno, facendogli vivere se pur in maniera artificiale tutte le sensazioni e le percezioni multisensoriali legate all’esperienza di una passeggiata al parco. Nelle intenzioni progettuali, la permanenza o anche il solo attraversamento della sala, dovevano tramutarsi in un’esperienza multisensoriale che coinvolgesse completamente tutti i sensi del fruitore, inserendolo in un ambiente artificialmente ricostruito e che desse benessere e piacere psicofisico. L’idea quindi, era quella di far entrare la “vita” nell’ospedale mediante la riproposizione, in piccola scala, di un bosco, con tutti gli elementi che lo caratterizzano, partendo da quelli naturali: cielo, nuvole, alberi, prato, uccelli, sassi, fino ad arrivare a quelli antropici: strada, attraversamenti pedonali, panchine, biciclette, casette. L’ambiente è diviso in compartimenti visivi e funzionali entro i quali gli utenti, principalmente i bambini, possono muoversi liberamente, al contempo provando ad ogni sposamento motorio o visivo le medesime sensazioni piacevoli di stare in un parco all’aperto. Il fil rouge progettuale è costituito da una vera e propria strada che attraversa l’intera sala d’attesa, collegando l’accettazione con la radiologia dell’ospedale, ai margini di essa, lungo i lati, vi sono diverse aree tematiche con l’obiettivo di donare di volta in volta percezioni sempre diverse agli utenti. Le aree tematiche sono divise in pixel funzionali, ricavati mediante la composizione materica sempre diversa in ogni area del prato verde. L’area giochi da tavolo, ricavata nella zona esposta ad est beneficia di luce naturale diretta. I tavoli studiati e disegnati dal team in base alle esigenze sono retroilluminati e hanno forme organiche e ed ergonomiche,

La sala d’attesa dell’Ospedale Pausillipon nel giorno della sua inaugurazione, Napoli 2014
Fig.7 La sala d’attesa dell’Ospedale Pausilipon nel giorno della sua inaugurazione, Napoli 2014 [archivio fotografico privato, antoniodimaro&Partners architects, 2014]

consentono così l’aggregazione nel gioco e la condivisione inconscia delle attività. Nelle aree immediatamente circostanti sono posizionate pietre ed animali per far si che si percepisca la completa immersione in un parco. Sono presenti anche una casetta e uno scivolo con la caratteristiche forme e composizione materica di una capanna nel bosco con l’intenzione di stimolare la coesione sociale e l’aggregazione motoria. Un’ area adibita alle esperienze multimediali – TV, videogames e giochi interattivi – è stata creata nella zona a ridosso della radiologia.

All’ingresso della sala del parco, sono state poste delle sedute per i genitori con le forme della natura e posizionate in modo che gli stessi possano vigilare costantemente sui loro figli. Tutte le forme presenti sono state realizzate da un’azienda italiana e sono studiate per trasferire al tatto le medesime sensazioni degli elementi che riproducono, cosi facendo la visualizzazione celebrale è supportata anche da quella tattile facendo risultare l’esperienza verosimile. I componenti usati per realizzare la strada e il prato dovevano per obbligo di legge essere in materiale plastico e dovevano avare una superficie facilmente pulibile, inoltre ai bordi della sala il materiale che riveste il pavimento doveva girare e salire per almeno 30 centimetri sulle pareti. Risultava evidente che gli obblighi legislativi imposti dalla struttura erano limitanti ai fini del raggiungimento del risultato sperato e dovevano essere superati con estro creativo. Cosi il team dopo giorni di studi e contrattazioni con i tecnici dell’azienda tedesca produttrice del materiale per il rivestimento del pavimento, sui possibili modi per realizzare un materiale che cambiasse composizione materica, colore e che risultasse al tatto sempre diverso, fece ideare, mandare in produzione e inserire nell’elenco dei materiali oggi disponibili sul mercato, le attuali texture del prato e della strada. Il prato che riveste la pavimentazione della sala è stampato su un materiale plastico, è nato mediante la composizione e successiva fusione fotografica di 20 scatti fatti a più prati verdi in tutte le condizione meteorologiche e di esposizione luminosa, dopo la materializzazione di una singola immagine, la stessa è stata utilizzata e riprodotta sul materiale mediante l’utilizzo di una scanner ad alta definizione. La medesima procedura ha interessato la zona asfaltata della strada. Per il risvolto di 30 centimetri sulla parete, l’azienda realizzò delle trame di materiale con un colore di verde più intenso e stampata con una maggiore intensità di pixel, in questo modo la lettura visiva donava una naturale profondità di campo e ampiezza alla sala. Chiaramente i materiali de quo nel catalogo prodotto portano ancora oggi il nome “Dreambox”.


La vista

Mediante gli studi sulle proporzioni, sulla prospettiva architettonica, sui disegni degli alberi e sulla composizione della texture del verde, il campo visivo dell’utente risulta ingrandito cosi da trasmettere la percezione di uno spazio architettonico più ampio di quanto realmente sia, inoltre ogni angolo della sala è completamente rivestito con una texture con la fedele riproduzione in 3 dimensioni di ogni elemento della natura: alberi, prato, cielo o nuvole. Le vernici usate per la decorazione delle pareti e del soffitto è a cristalli liquidi, in questo modo il colore e l’intensità degli alberi e delle nuvole cambiano a seconda della posizione dell’utente ed in funzione della quantità di luce che ricevono, così che l’occhio e le trame riprodotte risultano dinamiche e verosimili. Gli elementi di arredo, riproducono un bosco, con le sue forme organiche sempre diverse: sassi, tronchi d’albero, alberi e quelle animali: orsacchiotti, pinguini, fantasmini, di notte fungono da fonti di illuminazione artificiale, disposti nella sala in posizione strategica tale da riprodurre fedelmente le variegata composizione delle forme di vita presenti in un bosco.

La sala d’attesa dell’Ospedale Pausilipon all’imbrunire, Napoli 2014
Fig.8 La sala d’attesa dell’Ospedale Pausilipon all’imbrunire, Napoli 2014 [archivio fotografico privato, antoniodimaro&Partners architects, 2014]
 

L’illuminazione artificiale

Con un particolare studio sulla luce artificiale, sulla sua intensità, sul suo colore e sulla posizione dei corpi illuminanti, il parco del Pausilipon replica artificialmente il susseguirsi del giorno e della notte, equilibrando cosi il ciclo circadiano degli occupanti lungo l’intero arco del giornata, in pratica se all’esterno è notte, quando si entra nella bosco del Pausilipon si trova la notte e viceversa, in questo modo ai fruitori è assicurata la perfetta corrispondenza tra l’alternarsi del giorno e della notte, alternanza che la memoria celebrale dell’uomo rischia di dimenticare quando è costretto a vivere per lunghi periodi in un luogo chiuso. Di notte i corpi illuminanti presenti al soffitto perdono la loro intensità luminosa, così il bosco, gli alberi ed il cielo si scuriscono per lasciare spazio a quella degli elementi organici posti al suolo, in questa fase gli orsacchiotti, i pinguini e gli tutti elementi organici che arredano la sala si illuminano di luce calda di circa 3000 kelvin, generando un effetto notturno e confortevole che stimola il sonno.

L’udito

Dal punto di vista audiometrico, per separare nettamente la sala rispetto agli altri ambienti dell’ospedale, a tutte le pareti perimetrali è stata inserita una membrana in lana di roccia ad alta densità, successivamente rivestita con intonaco e poi tinteggiata. In questo modo si evita che i rumori tipici di un ospedale in attivo, possano distrarre l’utente dalla sua esperienza nel bosco. Per ricreare un ambiente verosimilmente vicino a quello di un bosco è stato realizzato un sistema di filodiffusione con fonti sonore nascoste “tra le nuvole” al soffitto e nelle pareti “tra gli alberi”, il compito di quest’ultimo, oltre a quello riportare le comunicazione ufficiali dalla struttura, è quello di riprodurre in maniera continuativa i suoni tipici della natura, se si entra nella sala d’attesa del Pausilipon infatti, si sentono in sottofondo uccelli, grilli e il vento che spira. Un grosso lavoro sul suono è stato fatto anche per attenuare i rumori provenienti dagli stessi fruitori della sala, che rischiavano di generare caos sensoriale, così gli stessi pannelli in fibra di roccia ad alta densità sono utilizzati per le partizioni verticali, sono stati posti anche nelle strutture che compongono il controsoffitto, successivamente dipinti con le nuvole ed il cielo.

Il tatto

Nella sala d’attesa, il senso del tatto risulta costantemente stimolato, in considerazione della giovane età del fruitori la composizione materica della pavimentazione cambia a seconda del posto in cui l’utente si trova, mediante la scelta dei materiali e della loro composizione materica la sala è stata compartimentata inducendo il fruitore ad un percorso preimpostato. La strada che collega l’accettazione alla radiologia è realizzata con un materiale più ruvido rispetto alle aree a vedere laterali, in questo modo si cerca di “allontanare” il bambino da quel luogo che risulta essere in uso anche dal personale sanitario. Gli alberi ed il sottobosco riprodotto ai muri presentano una tridimensionalità ed una ruvidezza materica ogni volta diversa, così da indurre sensazioni tattili variegate. Gli orsacchiotti, il maialino o lo pietre, hanno tutti una composizione materica verosimile, così da ricreare anche dal punto di vista tattile un ambiente simile a quello esistente in natura. L’interazione ed il connubio di più fattori sensoriali inseriti nel parco del Pausilipon genera un’esperienza molto forte nei fruitori. Nel parco del Pausilipon, così come in natura, il tatto riveste un ruolo importante nella scoperta delle varie aree funzionali, degli animali e dei materiali che ripropongono il bosco.

L’analisi e i risultati ottenuti dalla sperimentazione

Considerato il perentorio divieto della struttura di sottoporre la tabella di valutazione ai genitori e l’impossibilità di interrogare i bambini durante la permanenza nella sala,  il team, ha trascorso ore nell’osservare le risposte emotive dei fruitori della sala. I risultati come spesso capita sono stati variegati, alcuni hanno chiarito e consolidato studi già importanti e navigati, altri invece hanno sorpreso dando un punto di vista totalmente nuovo ed inaspettato alla sperimentazione.

Le logiche sottese di maggiore ruvidezza della strada che collega accettazione e radiologia della sala, hanno realmente dato i risultati sperati, difatti i bambini, dopo un primo approccio conoscitivo alla materia, si allontanavano non tornandoci su e addirittura per raggiungere le aree situate nel lato opposto ad essa utilizzavano le preposte strisce pedonali realizzate con una tonalità di bianco e con la stessa ruvidezza materica del prato. Nella maggior parte de casi nel percorre le suddette strisce saltavano da striscia a striscia senza indagare la texture nera dell’asfalto. Anche nel caso degli elementi materici organici o animali, la reazione è stata come da aspettative, i bambini, dopo aver indagato con scrupolo cognitivo gli elementi erano successivamente attratti sia dalle loro forme che dalla loro componente materica che rispecchiava verosimilmente quella reale creando un empatia o se si vuole “simulazione incarnata” con essi. Nella maggior parte dei casi i bambini erano spinti ad abbracciare i piccoli animali, in qualche caso si attivava anche una conversazione animata, mimando o simulando i gesti tipici dell’animale in questione. Il numero di interazione emotiva – abbracci – con gli animali aumentava quando gli stessi, nelle ore notturne, risultavano illuminanti con luce calda, con molta probabilità i corpi illuminanti donando calore anche materico oltre che visivo agli oggetti spingevano gli utenti al contatto con essi. I giochi da tavolo incoraggiavano l’interazione tra i bambini attratti nella la maggior parte dei casi dall’interesse mostrato dal suo coetaneo per quella attività. Si innescava una reazione a catena verso l’interesse per quella attività che diventava motivo di condivisione e di conoscenza tra le parti. Si è riscontrato infatti, che molto spesso l’attività ludica creata dai progettisti, dopo un primo approccio conoscitivo veniva messa in secondo piano per la forte interazione che si innescava tra i bambini.

La sala d’attesa dell’Ospedale Pausilipon di notte in un test pre-inaugurazione, Napoli 2014
Fig.9 La sala d’attesa dell’Ospedale Pausilipon di notte in un test pre-inauragazione, Napoli2014 [archivio fotografico privato, antoniodimaro&Partners architects, 2014]

Il caso della casetta e dello scivolo, invece, hanno avuto riscontro negativo, i bambini infatti erano subito attratti da quella attività, ma in quel caso si innescava la reazione inscoscia dei genitori che abbandonavano la loro seduta posta all’inizio della sala e invadevano l’area dei bambini, il tutto creava un caos funzionale importante, che interrompeva ogni volta l’interazione tra loro. Un elemento che ha attirato l’attenzione è stato quello inerente la percezione audio che i bambini avevano. In molti casi infatti, attratti dai suoni generati dalle fonti sonore, i bambini erano impegnati nella spasmotica ricerca della loro provenienza, perdendo di vista l’aspetto socializzativo che il team aveva a cuore, inoltre una volta individuata la posizione della fonte sonora, nella maggior parte dei casi si è assistito alla volontà di estirparla dalla sua sede. In questo caso, la diversificazione della posizione delle fonti sonore, compreso anche nelle partizioni verticali, pensata per rendere la simulazione verosimile, si è dimostrata un errore progettuale. Un altro elemento che ha incuriosito gli osservatori è stato lo scarso, utilizzo fatto degli apparecchi multimediali – televisore, giochi virtuali etc -, si è riscontrato infatti, che tranne in qualche raro caso nel qualche il bambino si isolava completamente nel guardare la TV, nella maggior parte gli apparecchi multimediali non venivano usati. I bambini presi dal fermento emotivo della scoperta di ogni singolo elemento che successivamente metteva in socializzazione tra loro non utilizzavano né videogiochi né TV. Questo aspetto ha colpito il team forse più di tutti gli altri, in quanto apre la strada ad importanti riflessioni sul modo che gli architetti e i progettisti hanno nel realizzare i loghi, soprattutto quelli adibiti alla socializzazione. Nell’osservare le attività dei fruitori si è notato come tutte le novità multisensoriali attiravano la curiosità dei bambini, che nell’indagare ogni volta un nuovo elemento tornavano dai genitori per avere un riscontro immediato sulla questione. Osservando i genitori si è notato che anch’essi seduti nell’area dedicata a loro, nella maggior parte dei casi socializzavano e traevano benessere momentaneo da quell’esperienza.

Conclusioni

A monte dell’esperimento fatto e considerata la moltitudine di elementi presi in esame, le considerazioni da fare meriterebbero un dissertazione importante. Da una mera analisi visiva fatta di lunghe e costanti osservazioni tenute durante le varie ore del giorno, da un punto di vista “non scientifico” pare che l’esperimento sia riuscito nel compito che si era preposto, quello di donare benessere e piacere, se pur momentaneo, agli utenti della struttura. Difatti entrare nel parco del Pausilipon e nell’investigare tutte le sensazioni che l’architettura suscita, può alleviare o almeno allontanare per qualche momento il senso di oppressione generato da quella pesante situazione emotiva vissuta dai bambini e dai genitori. Il senso di piacere nel trovare e interagire con gli elementi della natura a cui “l’uomo appartiene” dentro una sala d’attesa di un ospedale oncologico è generato dagli stimoli inconsci della mente che la neurologia sta negli ultimi anni investigando.

Si è sempre più coscienti dell’importante responsabilità che gli architetti e i progettisti del nostro tempo hanno nel realizzare manufatti e del determinante contributo che possono dare alla società, soprattutto in esempi come quello del Pausilipon, appena esposto. Le strutture ospedaliere, le scuole, gli uffici, ma anche le semplici abitazioni, possono godere degli spunti di benessere che i neuroscienziati insieme agli architetti possono generare.

Risulta evidente però, che la mera analisi visiva fatta di osservazioni, porta con sé importanti limiti strutturali alla ricerca e soprattutto non avendo riscontri scientifici dei risultati ottenuti, il rischio è di procedere a “tentoni”, sprecando così tempo ed energie in attività che potrebbero essere molto più produttive. Se solo il mondo della ricerca e quello delle professioni lavorassero in sinergia, progetti come il Pausilipon potrebbero dare importanti risposte di valore scientifico, che farebbero da guida alle future generazioni o come già accennato in prefazione, potrebbero entrare addirittura nell’ordinamento legislativo.

BIBLIOGRAFIA

Marco Vitruvio Pollione, 1997. De architectura, Torino: Einaudi Editore.

Bellini, E Bocci, P Fossati, R Spinelli, 1994. Lo spazio terapeutico. Un metodo per il progetto di umanizzazione degli spazi ospedalieri. Firenze: Alinea Editrice.

Harry Francis Mallgrave, 2013. L’empatia degli spazi, Architettura e Neuroscienze, Milano: Raffaello Cortina Editore.

Vilayanur Subramanian Ramachandran , 2011, The Tell-Tale Brain, New York: W.W. Norton & Company. Inc.

L'articolo Le neuroscienze, le implicazioni con l’architettura e con il “wellnessdesign” proviene da Antonio Di Maro | Architetto Napoli.

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“Il campo di calcio del Conocal”, lo sport come strumento di rigenerazione urbana nel difficile quartiere Conocal di Ponticelli (NA) https://www.antoniodimaro.it/il-campo-di-calcio-del-conocal/ Tue, 10 Mar 2020 17:55:16 +0000 https://www.antoniodimaro.it/?p=4329 [Scarica il pdf] ABSTRACTOne of the great challenges of modern architecture is focused on recovering, regenerating and reusing notorious “non-places”, an enlightened term coined by great architect Franco Purini and one that is highlighted by his school. The boundless suburbs […]

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ABSTRACT
One of the great challenges of modern architecture is focused on recovering, regenerating and reusing notorious “non-places”, an enlightened term coined by great architect Franco Purini and one that is highlighted by his school. The boundless suburbs of reinforced concrete that emerged in the years of post-war reconstruction,

without any precise compositional-design logic, were the offspring of lightning-fast development, without infrastructural connections, that were destined to eventually become urban “ghettos” and “incubators” of the underworld. The examples of this are many and involve nearly every metropolis throughout Italy, from the infamous “Zen” district of Palermo, to the districts of “Scampia” and “Ponticelli” of Naples, up to the “Quarto Oggiaro” of Milan. The real theme, with which contemporary architects must now confront themselves, from today and for the near future, is to be found in restoring human, moral and social dignity that was raped for years by reckless suburban cementification with urban realities and its citizens often forgotten. A solution to the huge problem can begin from virtuous and concrete examples of socio-urban rebirth, which is mending wise architectural recovery operations and acting as a driving force for redevelopment around which civil society itself can cling and autonomously restart. Sport, as a social aggregator, can be a keystone to this recovery. Think of the many sports stadiums that were built in the golden years of concrete and then left abandoned and neglected over time. An example of urban regeneration that began from Sport, is one that was implemented at the “Conocal” of Ponticelli, a run-down neighborhood located in the east of Naples, where the Santobono-Pausilipon Foundation, under the impetus of the National Anfimafia Prosecutor, Federico Cafiero De Raho, took positive and solid action which triggered an admirable example of this type of participatory architecture. Financing of the design and construction works was provided for the complete regeneration of the sports complex of the De Filippo school, which until then, was in a state of absolute architectural and urban degradation.

PREFAZIONE
ANNA MARIA MINUCUCCI
Direttore Generale AORN Santobono Pausilipon

Essere il direttore dell’Ospedale pediatrico più grande del Sud Italia, mi ha offerto, in questi 10 anni di attività, un osservatorio tristemente privilegiato sul disagio giovanile; un fenomeno in preoccupante crescita che trova terreno fertile in quei territori in cui, al degrado socio-culturale, si associa quello urbano e dei servizi. Secondo i dati raccolti da Save the Children sono 1.2 milioni i bambini che vivono in condizione di povertà assoluta ma, ad influenzare il loro futuro non sono solo le precarie condizioni economiche. L’ambiente in cui vivono ha un impatto fondamentale sulla loro crescita e sul loro sviluppo. Anche l’accesso alle cure diventa un percorso complesso e tortuoso per le famiglie che vivono in contesti disagiati. Molti dei bambini che accogliamo in ospedale mostrano disturbi legati all’incuria ed alla deprivazione sociale delle famiglie di appartenenza. Offrire loro il giusto supporto, intercettare bisogni che vadano anche al di là di quelli strettamente sanitari, sostenere la prevenzione è il modello di inclusione sociale necessario per affrontare questo disagio crescente. Un modello che abbiamo concretizzato già nel 2010 dando vita alla Fondazione Santobono Pausilipon, grazie alla quale abbiamo potuto mettere in campo iniziative che non fossero solo a supporto dell’assistenza, della ricerca e della formazione ma che avessero anche una forte vocazione socio-assistenziale. Ripartire dai territori maggiormente degradati mettendo in campo azioni concrete di dialogo diretto con i cittadini, abbattere le barriere culturali e geografiche e portare l’ospedale nei luoghi del bisogno sono le riflessioni che mi hanno spinto a realizzare un progetto di sanità solidale che, attraverso l’utilizzo di un camper, consenta ai nostri medici di offrire visite specialistiche a tutti quei bambini che, per varie ragioni, non hanno facile accesso alle normali cure. Attraverso questo impegno non intendiamo solo offrire cure mediche ma anche monitorare i bisogni del territorio e sensibilizzare alla creazione di servizi accessibili a tutti.

FLAVIA MATRISCIANO
Direttore Fondazione Santobono Pausilipon

La Fondazione Pausilipon nasce con lo scopo di sostenere e realizzare tutte quelle azioni che danno “valore aggiunto” all’attività dell’AORN Santobono Pausilipon al fine di renderlo sempre più qualificato sotto il profilo tecnico scientifico e sempre più vicino alle necessità delle famiglie. Molti dei bisogni che intercettiamo in ospedale sono legati a fenomeni di disagio socio-familiare e, in linea con la strategia dell’azienda ospedaliera, abbiamo deciso di aprirci ad un impegno sociale che vada oltre le mura dell’ospedale. Abbiamo scelto di partire dalle
periferie perché, le periferie delle grandi città, sono luoghi dove il disagio sociale dei giovani si amplifica proprio a causa della carenza di luoghi di aggregazione, di infrastrutture sportive e di occasioni di socialità che possano offrire loro alternative positive e sane. Riqualificare il campo da calcio di un dei Rioni più degradati della periferia napoletana, il Rione Conocal a Ponticelli, è stata la prima delle tante azioni che intendiamo mettere in campo per realizzare un modello di inclusione sociale che abbia una ricaduta importante e diretta sulla qualità di vita dell’intera comunità. Partendo dalla convinzione che lo sport è un veicolo privilegiato di aggregazione sociale, oltre che uno strumento di benessere psicofisico e di prevenzione, e riconoscendone il valore educativo e formativo nello sviluppo evolutivo dei bambini, abbiamo valutato questa iniziativa di alto valore etico e sociale e, non solo siamo pronti a replicarla in altre scuole di quartiere, ma stiamo programmando di impiantare attività permanenti di recupero come laboratori di arte, artigianato

Sviluppo urbano delle periferie Napoletane
Fig 1. Napoli, Sviluppo urbano delle periferie Napoletane, Periferie napoletane: recinti di insicurezza, Prof. Antonio Acierno, Università di Napoli Federico II

LA NASCITA E I PROBLEMI DELLE PERIFERIE NAPOLETANE
Le periferie sono i luoghi in cui si concentrano i gruppi sociali più vulnerabili, per limitata condizione di censo e di formazione, che vedono amplificarsi le già difficili condizioni di vita quotidiana e diventano oggetto di processi di stigmatizzazione della costruzione mediatica della paura. Il senso di insicurezza percepito nelle aree periferiche attiene non in via prioritaria a coloro che non vi risiedono stabilmente, i quali evitano di frequentare questi luoghi costruendo una barriera mentale nella città, quasi a volerle definitivamente cancellare dalla mappa
fruibile urbana, ma prevalentemente agli abitanti stessi costretti a convivere con i problemi reali e virtuali connessi alla periferia. La costruzione delle periferie fu supportata dal decantato “Piano delle Periferie”, che utilizza in maniera anomala gli strumenti dei piani 167 e di recupero previsti dalla L.457/78, ben presto il Piano si traduce, nella sommatoria di interventi edilizi puntuali. La storia delle periferie napoletane vede protagonisti amministrazioni comunali, enti di gestione e anche la migliore cultura urbanistica e architettonica di quegli anni, che ne hanno fatto campo di sperimentazione progettuale. I nuovi quartieri periferici, la cui localizzazione rimase nelle mani dei soli enti di gestione dell’edilizia popolare, sorgono come modelli di ”quartieri autosufficienti” nel rispetto della cultura del “decentramento razionalista”. I principi cui si ispirano sono quelli della “cultura del quartiere” contenuta nelle raccomandazioni e prescrizioni dell’ina-casa o dell’IACP. Dal secondo dopoguerra in poi, è l’edilizia residenziale pubblica a marcare questi territori; le realizzazioni dei grandi progetti di edilizia economica e popolare, eseguite tra gli anni ’60 e ‘70, alterano in maniera irrimediabile il rapporto tra centro e periferia della città, con i piani di Ponticelli e Scampia destinati ad accogliere ben 120.000 abitanti. I due quartieri rappresentano la concretizzazione del “mito razionalista”, con il gigantismo della rete stradale e delle stecche abitative, svincolate da qualsiasi rapporto con il contesto ambientale e irrispettose dei modelli tipologici e delle consuetudini sociali degli abitanti insediati. Queste scellerate scelte politico-amministrative alterano irrecuperabilmente il rapporto con i centri storici dei casali e con le precedenti realizzazioni degli anni ‘50, trasformando anche quest’ultimi in brandelli di tessuto urbano, avulsi da qualsiasi logica unitaria. Un
esempio concreto è da rinvenire nei molteplici sottopassi realizzati nel quartiere di Scampia, previsti per collegare le residenze con i servizi, tutti concentrati e non diffusi nel quartiere, necessari poiché la rete stradale è classificabile come primaria ad alta velocità, negando quindi qualsiasi possibilità di aggregazione sociale di quartiere. In molti abitanti dei quartieri-slums napoletani di periferia, non c’è volontà a partecipare alla vita più vasta della città e ad integrarsi in circuiti sociali più ampi, attraverso i canali tradizionali della formazione scolastica e del lavoro, ma è la cultura più stretta della famiglia e del vicinato che propone precocemente modelli del “vivere illegale”. Le scarse opportunità occupazionali deviano facilmente i giovani verso esempi di arricchimento precoce e di affermazione di un’identità costruita sulle attività illegali e criminali. Sales propone addirittura una similitudine tra le minoranze etniche americane, che sono state all’origine della formazione della mafia americana, e le nuove minoranze sociali dei quartieri periferici napoletani. «In questi quartieri è palesemente percepibile un’ostilità per chi viene da fuori, che è considerato un estraneo, non un cittadino della stessa città… Si forma così una specie di comunità criminale escludente che fa corpo… una città tagliata in due, una tragica frattura che è culturale, sociale, antropologica prima che geografica». (SALES I., Le strade della violenza. Malviventi e bande di camorra a Napoli, L’ancora, Napoli 2006.) Nelle periferie di Napoli si verifica un fenomeno anomalo e del tutto in controtendenza rispetto alla maggioranza delle città occidentali: non è la classe benestante che si separa dalle altre (come avviene nelle gatedcommunities americane e nord europee) ma è la città del malessere e del disagio che si isola e si barrica, costruendo i propri fortini, ben noti nei quartieri di Scampia o di Ponticelli, con l’installazione di circuiti di telecamere, cancellate e la chiusura di strade pubbliche. «Un vero e proprio auto-apartheid sociale dentro cui
cresce una specie di autismo criminale». Un aspetto positivo, dal quale forse proprio ripartire, verte nelle prescrizioni dettate dai piani per l’edilizia economica e popolare, che contemplano l’adozione di attrezzature, servizi, scuole, impianti sportivi, parchi, poliambulatori, centri sociali e aree verdi attrezzate etc… che se recuperati, possono certamente fungere da collante per ricucire i brandelli di trame urbane degradate.

PONTICELLI E IL RIONE CONOCAL
Ponticelli è un quartiere di Napoli con circa 70.000 abitanti, situato nella zona est (orientale); forma insieme ai quartieri di Barra e San Giovanni a Teduccio la VI Municipalità del comune di Napoli. Non si tratta tuttavia di un quartiere omogeno, ma di un coacervo di zone diverse, ciascuna delle quali con una sua precisa caratterizzazione, collegata alle diverse fasi storiche dell’evoluzione urbanistica del quartiere. La Ponticelli di oggi appare come un insieme di recinti fortificati, dove la maggioranza degli affacci su strada è segnata da cancellate e muri, che fungono da barriera di insicurezza tra edifici pluripiano degli anni ’80 e i quartieri chiusi in se stessi degli anni ’50; non mancano assi infrastrutturali incompleti, discariche abusive e aree
abbandonate in attesa di accogliere le nuove realizzazioni previste dai piani particolareggiati e dai programmi complessi in itinere. Con il terremoto in Irpinia del 23 novembre 1980, che provoca ingenti danni anche alla cittadina partenopea, inizia la seconda fase dell’espansione urbanistica incrollata dell’area ad est di Napoli: nascono così il parco “Conocal” ed il “Lotto zero”. La grande espansione urbanistica è legata ai piani di attuazione conseguenti alla legge 219/81 (legge per la ricostruzione post terremoto) con la quale tutta la zona periferica di Ponticelli ha registrato una forte espansione edilizia destinata per lo più ad uso residenziale. Risultato di questa politica sono le centinaia di case popolari che costituiscono rioni malsani e sovrappopolati che raccolgono gli sfollati di varie zone del centro di Napoli. Il Rione Conocal (fig 2) è una zona del quartiere di Ponticelli posta tra Via Argine e “Lotto Zero”, caratterizzata da vecchie palazzine in calcestruzzo armato, tele di amianto e cemento; questa zona è un covo per clan camorristici locali, una delle tante realtà che accoglie un plesso di case popolari sorte nel post-terremoto del 1980, finanziate dalla legge di ricostruzione e destinate ad accogliere centinaia di famiglie, disperate e povere.

Conocal dall'alto
Fig 2. Napoli, Ponticelli, vista dall’alto del rionoe Conocal, 2016, Fan Page [archivio Digitale]

Un quartiere di edilizia popolare di pessima fattura, contraddistinto da un numero eccessivamente elevato di abitanti, soprattutto i bambini che si fa fatica a censire. Sbucano dappertutto, a tutte le ore, tra le macerie di un tangibile degrado urbanistico. Il Rione Conocal, così come il Lotto zero, il Rione de Gasperi e molti altri rioni del quartiere, rappresentano le carcasse di quel che resta della speculazione edilizia degli anni Ottanta. Una convivenza forzata e tutt’altro che naturale, quella generata dall’approdo di innumerevoli famiglie provenienti dai contesti cittadini più disparati: abitudini diverse, ideologie e modi di vivere e pensare differenti, che cozzano con quelli dei vicini, in un contesto dove la qualità della vita è ai minimi storici, la dignità e il senso del decoro si identificano in quella totale e disperata assenza di qualsiasi forma di servizi, strutture e infrastrutture. Uno stato di cose che ha concorso a creare una profonda e diffusa ghettizzazione, con gli annessi e assai pericolosi sentimenti di emarginazione sociale e senso di abbandono che regnano in quelle “terre di nessuno”.

Napoli, Ponticelli, istituto scolastico E.De Filippo
Fig. 3 Napoli, Ponticelli, istituto scolastico E.De Filippo, pianta del complesso, [archivio documentale privato antoniodimaro&Partners, 2019]

L’INTERVENTO DI RIQUALIFICAZIONE
Tra la strada Flauto Magico II e Via Madonnelle, in pieno rione Conocal, sorge l’istituto scolastico De Filippo, un vasto complesso in calcestruzzo armato prefabbricato con pianta regolare, realizzato tra gli anni 70’ e 80’, la cui area totale copre una superficie di circa 17.500 mq, di cui 7.000 rappresentano il costruito ed il restante è destinato a verde e servizi vari.

Ponticelli, Istituto Scolastico Eduardo De Filippo
Fig. 4. Napoli, Ponticelli, Istituto Scolastico Eduardo De Filippo, vista esterna da strada di quartiere, [archivio fotografico privato antoniodimaro&Partners, 2019]

Il complesso di chiara veste razionalista è dotato di una palestra coperta, di aree per l’atletica e di un grosso campo da calcio con annessa pista podistica. L’espressione del taglio progettuale razionalista è assolutamente visibile nell’area oggetto di intervento: il campo da calcio presente nella zona a nord ovest della struttura scolastica. Grossi spalti con rigide forme geometriche rivestite in marmo travertino, costeggiano il perimetro nord dell’area di gioco, mentre ad ovest sono presenti la pista podistica e le aree per l’atletica leggera. Ampi spazi dedicati alle attività collaterali al classico insegnamento frontale furono sapientemente progettati, ma da anni, senza un piano di manutenzione ordinaria, purtroppo soffrono l’incuria e all’abbandono del tempo. Il complesso scolastico per sua posizione geografica è sorto al centro di un quartiere altamente malfamato e ben presto controllato abusivamente dei clan camorristici presenti che, utilizzando come schermature le alte paratie murarie, trasformano l’area di gioco in piazza di spaccio e malaffare. Le aree volte alla convivialità ed allo sport, complice il degrado sociale ed architettonico, acquisiscono nel tempo una funzione diversa, posizionandosi come incubatori dell’illegalità, esempio lampante di come le “barriere” tanto strutturali quanto sociali possono diventare un invalicabile limite purtroppo non solo architettonico. A seguito del totale abbandono, le aree dedite ai servizi ed al verde versano in uno stato di pesante degrado, dettato da anni di incuria e totale assenza di manutenzione. Il prospetto in calcestruzzo prefabbricato dell’edificio scolastico si presenta con finestre e avvolgibili rotti, raccontando già nell’architettura una realtà decadente, inoltre le grate divelte delle finestre ai piani terra, descrivono un’architettura nata male e per anni violentata nel suo essere.
Le piste di atletica scompaiono sotto cumuli di detriti e rovi che come grossi macigni negano il senso più profondo allo sport. Rifiuti di vario genere accumulati ai margini dell’area di gioco giacciono nell’incuria di tutti, i grandi spalti rivestiti in travertino sono frantumati, completamente deteriorati dal tempo e dall’abbandono, così come i pali dell’illuminazione, che come grandi occhi osservano inermi l’inarrestabile deterioramento delle aree sotto di essi. Il rivestimento in guaina termoelastica completamente ammalorato e alzato in vari punti, rende
assolutamente inagibile il campo da calcio. Accendendo dal lato sud al campo di gioco però si scorge sul fondo, un maestoso pino marittimo, che da primo attore fa da quinta scenica al contesto degradato. Quel pino è inteso, fin dal primo momento dal team di progettisti come segno di speranza, come elemento puntuale di naturale bellezza dalla quale poter ripartire

Il campo di calcio del Conocal
Fig.5 Napoli, Ponticelli, Istituto Eduardo De Filippo, campo da gioco prima dell’intervento di riqualificazione, [archivio fotografico privato antoniodimaro&partners 2019]

La richiesta di aiuto del preside dell’Istituto De Filippo, il Prof Ciro Scognamiglio viene immediatamente colta dal Prof. Marco Salvatore, ideatore del progetto “il sabato delle idee”; dal procuratore Nazionale Antimafia dott. Federico Cafiero De Raho, dal Direttore Generale dell’ AORN “Santobono Pausilipon” e dal Direttore della sua Fondazione ospedaliera, nelle persone della dott.ssa Anna Maria Minicucci e della dott.ssa Flavia Matrisciano. L’esemplare meccanismo di recupero urbano e sociale parte proprio da qui, il progetto prevede la riqualificazione totale delle aree da gioco e di quelle contermini, con l’intenzione di creare un centro sportivo che possa ospitare eventi nazionali legati non solo al calcio ma allo sport in generale.

Ponticelli Istituto De Filippo fase ultimazione lavori
Fig. 6 Napoli, Ponticelli, Istituto De Filippo, fase di ultimazione dei lavori di riqulificazione [archivio fotografico privato antoniodimaro&Partners]

I lavori di recupero architettonico hanno interessato un’area di 2.000 mq riconfigurando in chiave moderna gli spazi in soli 90 giorni lavorativi. Il nuovo campo da calcio è stato realizzato con erba sintetica, con misure regolamentari di 18 metri per 36, in conformità con le attuali normative del FIGC, e progettato con dimensioni tali da poter ospitare incontri di Calcio ad otto di livello Nazionale, grazie alla validazione finale ricevuta da parte del Coni. L’inizio dell’intervento ha visto l’immediata eliminazione dello strato di guaina bituminosa che riveste il terreno di gioco e la realizzazione di un sottofondo in sabbia per stabilizzare l’erba sintetica: un manto di 3 centimetri, in linea con la scelta delle grandi società di abbandonare l’erba naturale che è più difficile da manutenere. Sul perimetro è stata realizzata una nuova pista podistica al fine di consentire lo svolgimento di attività sportive diverse dal calcio, così da poter inserire la struttura all’interno di un circuito federale multidisciplinare di ordine sovra-regionale. Gli spalti in marmo travertino bianco che possono ospitare fino a 500 spettatori sono stati recuperati insieme al prospetto dell’edificio e all’illuminazione. I lavori di ripristino funzionale hanno incluso anche il sistema fognario, otturato da anni. La progettazione esecutiva per la riqualificazione degli spogliatoi è attualmente in corso. In parallelo alle attività di architettura, sono stati avviati i lavori di ricerca e costituzione di una associazione sportiva locale che possa assumere la gestione del nuovo complesso sportivo.

Ponticelli, Istituto De Filippo, lavori di riqualificazione
Fig.7 Napoli, Ponticelli, Istituto De Filippo, fase di ultimazione dei lavori di riqulificazione [archivio fotografico privato antoniodimaro&Partners]

L’associazione, infatti, per statuto deve contemplare il reclutamento di giovani sportivi e non, provenienti dai quartieri di Ponticelli e Barra. L’intenzione è creare un centro sportivo federale che possa fungere da luogo di aggregazione sportiva e sociale e che faccia da volano di sviluppo per un quartiere che versa in una condizione di totale abbandono.

“un campo sportivo in stile americano nel cuore del rione Conocal, con il verde dell’erba sintetica e il rosso della pista d’atletica che brillano tra il grigio delle palazzine popolari. Adesso non è più un sogno giocare a calcio lontano dalla strada per i bambini di Ponticelli. […] Un presidio nel rione che ha uno dei tassi di criminalità e di devianza giovanile più alti della città. Promessa mantenuta: è stato raccolto l’appello lanciato dal procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho, durante l’iniziativa di “Repubblica” e “Sabato delle idee” su dispersione scolastica e criminalità organizzata. Un incontro promosso nell’istituto dal nostro giornale e dall’associazione dello scienziato Marco Salvatore per richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica sul quartiere. E sollecitare la società civile a fare qualcosa di concreto per ridare dignità alle persone. È la prima volta che la Fondazione, da sempre attenta a infanzia e adolescenza, si è aperta a un impegno sociale che va oltre le mura dell’ospedale pediatrico. Il gesto ha riacceso la speranza in un rione strozzato da raid di camorra, sangue versato e promesse mai mantenute. L’emozione e l’entusiasmo hanno preso il posto della diffidenza tra i mille studenti della “De Filippo”, che hanno visto rinascere un campetto e un centro sportivo in rovina da oltre 15 anni. Lo sport negato al rione Conocal, il campo di calcio è chiuso da 15 anni … “Gli studenti proveranno subito il terreno di gioco: disputeranno una partita di calcio nel nuovo campetto. Grazie ai lavori, diretti dal giovane architetto Antonio Di Maro, sono sparite la desolazione del tartan a pezzi, la tristezza delle porte pericolanti senza reti e degli spalti in marmo degradati. Niente più cancelli arrugginiti e fogne otturate. Ma ovunque colore e ordine. Grazie all’intervento è riemerso il profilo dell’architettura di stampo razionale della struttura. Il campo che affaccia sul rione Conocal ha ritrovato una quinta scenica a effetto, con lecci ed eucalipti accanto al muretto tinteggiato di blu e azzurra. (Anna Laura De Rosa, la Repubblica, 18 gennaio 2019).

Anna Laura De Rosa [la Repubblica]
Figura 8 Anna Laura De Rosa [la Repubblica, 18 gennaio 2019 fonte archivio digitale].

L’intervento architettonico sul complesso scolastico sportivo del Conocal a distanza di quasi un anno rappresenta un esempio puntuale di recupero urbano e sviluppo sociale delle periferie, attuato per microelementi e soprattutto autogestito e manutenuto dalle realtà locali. Nelle mire della fondazione esistono altri interventi simili da attuare nel prossimo periodo. La riuscita della riqualificazione del Conocal si pone come faro di speranza e sviluppo per quelle realtà e conurbazioni periferiche spesso dimenticate.

Fonti e Bibliografia

  • SALES I., Le strade della violenza. Malviventi e bande di camorra a Napoli, L’ancora, Napoli 2006
  • ANNA LAURA DE ROSA, Napoli, Il campo sportivo restituito ai bambini del Rione Conocal, la Repubblica, 18 gennaio 2019
  • SAVIANO R., Gomorra, Mondadori, Napoli 2006.
  • ACIERNO A.,”Dagli spazi della paura all’urbanistica per la sicurezza”, Alinea Edizioni, Firenze 2003.
  • ACIERNO A.,Sviluppo urbano delle periferie Napoletane, Periferie napoletane: recinti di insicurezza, Università di Napoli Federico II Napoli, 2007

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Un Parco per il Pausilipon: Tra architettura e neuroscienza https://www.antoniodimaro.it/un-parco-pausilipon-architettura-neuroscienza/ Tue, 20 Feb 2018 19:17:44 +0000 https://www.antoniodimaro.it/?p=3100 L'articolo Un Parco per il Pausilipon: Tra architettura e neuroscienza proviene da Antonio Di Maro | Architetto Napoli.

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Estratto EdA 2017, VOL.4 n.2_

(Scarica il contributo in pdf)

Nell’interessante dibattito tra forma e funzione degli edifici, il complesso tema della neuroarchitettura si fa spazio aprendo un capitolo tutto nuovo nella storia dell’architettura moderna e sulle teorie di composizione architettonica,modificandone radicalmente il punto di vista ed inserendo la componente scientifica nella materia e nell’arte in genere.

Affrontato l’approccio teorico non si può prescindere dalle applicazioni pratiche sul tema, con esempi reali e tangibili su come l’applicazione sapiente della neuroarchitettura può giovare concretamente nella progettazione dei manufatti. In questa fase di importante fermento scientifico, gli architetti e progettisti in genere, nel tramutare le teorie scientifiche in realizzazioni concrete, hanno una grossa responsabilità. La sperimentazione sul campo avviene applicando le diverse teorie scientifiche in materia a tutte le fasi della progettazione architettonica, dal concept alla realizzazione, controllando costantemente tutte le fasi del processo e valutando di volta in volta gli effetti generati nel medio-lungo periodo. In questo delicato scenario la crescita può essere ottenuta soltanto mediante la stretta cooperazione tra il mondo della ricerca e quello dei progettisti. Un’applicazione pratica è avvenuta nel 2014 con la riproduzione in scala ridotta di un bosco inserito nella sala d’attesa dell’Ospedale pediatrico oncologico Pausilipon di Napoli. Il progetto nasce dalla necessità di portare sollievo morale ai giovani pazienti della struttura ospedaliera. Il team di lavoro, vincitore di una competizione di architettura, pensa di portare il “bosco” nell’ospedale, con l’intenzione di donare ai piccoli pazienti, impossibilitati per lunghi periodi a lasciare la struttura ospedaliera, un contatto con l’ambiente l’esterno, facendogli vivere se pur in maniera artificiale tutte le sensazioni e le percezioni multisensoriali legate all’esperienza di una passeggiata al parco. Nelle intenzioni progettuali, la permanenza nella sala, deve tramutarsi in un’esperienza multisensoriale che coinvolge completamente tutti i sensi del fruitore, inserendolo in un ambiente artificialmente ricostruito che dia benessere e piacere psicofisico.

 

In che modo il nostro cervello risponde agli stimoli provenienti dall’ambiente costruito? Quanto e in che modo una buona progettazione contribuisce al benessere psicofisico dell’individuo? Può un architetto progettare spazi che diano benessere, che aumentino la capacità di concentrazione, che aiutino la guarigione o che siano formativi? La risposta ai precedenti quesiti è si, difatti negli ultimi decenni la nostra mente è oggetto di studio e di analisi approfondite. Dagli studi condotti si è appurato che il cervello risponde agli stimoli esterni con meticoloso giudizio e attiva apposite cellule per ognuno di essi, inoltre per ogni stimolo proveniente dell’ambiente esterno crea una mixité di impulsi che provengono dai ricordi, dai sensi percettivi e dalla memoria a breve termine. Sebbene le ricerche scientifiche siano di matrice moderna, da sempre l’uomo e, in particolare l’architetto, ha, seppur inconsapevolmente, considerato le caratteristiche del corpo umano nell’interazione con l’ambiente circostante

La Neuroscienza, i neuroni specchio, la simulazione incarnata e le implicazioni con l’Architettura

Le neuroscienza cognitiva è una disciplina scientifica nata agli inizi del secolo scorso quando, in seguito allo sviluppo di una serie di tecniche volte a visualizzare il funzionamento della corteccia e dei nuclei cerebrali, si chiarì come il cervello rende possibile la cognizione e più in generale come funziona la mente in rapporto ad attività quali la memoria, l’apprendimento, l’emozione, i processi inconsci.

In un laboratorio presso l’Università di Parma nel 1991, un gruppo di scienziati capeggiati da Giacomo Rizzolatti, si imbatté in una scoperta che avrebbe cambiato per sempre il punto di vista dell’umanità sulla comprensione del cervello, in merito alle capacità celebrali. Scoprirono gruppi di neuroni nel cervello delle scimmie e poi successivamente verificarono la presenza anche negli essere umani, che si attivavano non solo quando un soggetto a manipola un oggetto, ma anche quando solamente lo vede fare. A questi neuroni fu, infine, dato il nome di “neuroni specchio”. Studi successivi hanno rilevato inoltre la presenza di sistemi molto più elaborati di questi neuroni sparsi in diverse aree del cervello. Questi sistemi ci permettono di simulare o ripetere mentalmente l’attività degli altri e di comprendere le intenzioni e le emozioni dietro a queste azioni, inoltre si è scoperto che nel guardare una persona compiere un’azione si attivano anche aree del cervello addette alla funzioni motorie. In pratica il cervello attiva tutte le funzioni preposte allo svolgimento dell’azione pur solo essendo spettatore dell’azione stessa, spesso lo facciamo in maniera inconscia ed inconsapevole. La sensazionale scoperta accende i riflettori e apre una strada verso la “teoria dell’empatia”, mostrando importanti implicazioni antropologiche, poiché essi forniscono una traccia di come impariamo ed entriamo in relazione con gli altri. Vilayanur Subramanian Ramachandran, un neuroscienziato indiano, si spinge fino ad ipotizzare che il raffinamento dei neuroni specchio nell’uomo sia stata una delle forze trainanti del grande balzo in avanti che i nostri antenati hanno compiuto nello sviluppo dell’arte, della matematica e del linguaggio, con l’esclusiva abilità umana di trasmettere l’informazione culturalmente. I neuroni specchio sembrano dunque, in senso più generale, definire fenomenologicamente il nostro rapporto empatico con il mondo.

Tania Singer, direttore del Dipartimento di Neuroscienze Sociali presso l’Istituto Max Planck per le Scienze Cognitive e la Cervice Umane, in Germania, in un suo esperimento ha dimostrato che durante la visione o al solo pensiero di qualcuno che prova dolore, il nostro cervello attiva circuiti neuronali simili, come se fossimo noi a provare il dolore, eccetto chiaramente, che nelle aree sensoriali coinvolte nella sensazione “effettiva” del dolore.

Tutto quanto precedentemente detto, come investe il mondo delle arti e dell’architettura?

Harry Francis Mallgrave, nella sua magistrale opera del 2013, “l’empatia degli spazi”, nel relazionare circa la simulazione incarnata e la sua connessione con l’arte e l’architettura sostiene che l’attività neurologica viene percepita dal cervello attingendo informazioni dall’esterno con tutti i suoi sensi, difatti scrive:

se mi trovo nella galleria degli Uffizi e osservo un dipinto raffigurante la crocifissione di San Sebastiano, il mio corpo reagisce automaticamente a quelle aree colpite dalle frecce come se stesi simulando la sua condizione fisica ed emotiva. E’ importante notare che il sistema empatico dei neuroni specchio non si limita al senso della vista[…]Sembra che abbiamo la capacità precognitiva di rispecchiare i valori tattili di tutti gli oggetti o le forme nei nostri ambienti, sia viventi sia non e che questa facoltà sia una delle chiavi del nostro particolare livello di coscienza e di comprensione del mondo[…]i nostri neuroni specchio siano coinvolti anche nel fare esperienza di un quadro, una scultura o un edificio, e che questo processo avvenga attraverso l’attivazione congiunta dei circuiti sensori-motorio, emotivo ed edonico, in altre parole, nel percepire un opera d’arte o nell’abitare un ambiente costruito, simuliamo le forme e i materiali con i nostri corpi; in certo senso, empatizziamo con essi fisiologicamente ed emotivamente, e solo in un secondo momento ci formiamo una compiuta consapevolezza del nostro piacere o meno per quello di cui abbiamo fatto esperienza[…]la simulazione del movimento o dell’attività fisica diventa un fattore primario in molte opere d’arte[…]stando in piedi accanto a palazzo Medici a Firenze, sentiamo le mani callose e la forza del martello e dello scalpello su blocchi di pietra, perché simuliamo lo sforzo compiuto per raggiungere un tale risultato. Nell’avvicinarsi alle colonne tortili del baldacchino del Bernini a Roma, ci contraiamo perché simuliamo somaticamente e visceralmente la torsione all’interno dei nostri stessi corpi[…]l’architettura più di ogni altra altre, richiede non solo che se ne simulino materiale e forme, ma anche che si anticipi l’intenzione di muoversi al suo interno. (Raffaello Cortina, 2013).

Giovanni Antonio Bazzi, o de’ Bazzi, detto il Sodoma, dipinto di San Sebastiano

Giovanni Antonio Bazzi, o de’ Bazzi, detto il Sodoma, dipinto di San Sebastiano, 1525, Firenze, Galleria degli Uffizi. [Libreria Digitale informatica]

Le neuroscienze, quindi, esplorano anche il mondo dell’architettura e delle arti in genere cercando di spiegare i motivi alla base di ogni tipo di impulso che la mente riceve e poi metabolizza quando si trova a contatto con un opera d’arte o con un ambiente costruito, in questa ricerca e costante scoperta alla mente umana nei confronti delle opere di architettura, una cosa sia ben chiara, la spiritualità progettuale ed il patos creativo resta unico di ogni individuo e della sua sensibilità. Più specificamente, la neuro-architettura studia il livello di risposta psicologica umana ai componenti che costituiscono gli ambienti costruiti. Se estendiamo l’orizzonte conoscitivo della neuroscienza applicandola all’architettura porteremo fornire nuovi e sostanziali elementi ai progettisti e donare beneficio all’umanità intera.

La scoperta e la continua ricerca nel settore, investono in toto il mondo dell’architettura, del design e delle arti in genere, ricorre perciò a nostro vedere l’obbligo da parte degli addetti ai processi di antropizzazioni del paesaggio di investigare e approfondire il complesso mondo delle neuroscienze. L’approccio multisensoriale dettato dall’architettura sembra avvicinare questa materia alla neuroscienza più che ad ogni altra arte o tema. La neuroscienza investiga l’architettura con una miriade di componenti diversi ma che interagiscono tra loro, dai materiali con la loro composizione materica, ai suoni, alla luce, agli odori, insomma un architetto sapiente e conscio delle attività neuronali inscritte nel cervello, può realizzare manufatti a misura d’uomo o per esempio stimolare esattamente le funzioni desiderate in uno o in un’altra destinazione d’uso richiesta. I neuroarchitetti studiano, insieme ai neuroscienziati, come usare i sensi, come archiviare e riutilizzare le esperienze sensitive, come pianificare i movimenti, anche quelli oculari.

Una delle principali organizzazioni mondiali coinvolte nello studio del neuro-architettura è l’Accademia di Neuroscienze per l’Architettura o ANFA, questo polo di eccellenza mira a promuovere lo studio del rapporto tra gli edifici e il corpo umano. In funzione dal 1980, incoraggia attivamente la ricerca degli studiosi che utilizzano la neuroscienza nell’approfondire l’impatto che gli elementi costruiti dall’uomo hanno sulle funzioni del sistema nervoso e che tipo di attività cerebrale si verifica come risultato della stimolazione dei sensi.

Un esempio magistrale di come l’archittura può influenzare posizivamente il cervello e donare piacere neurologico risiede nella cappella di Thorncrown. La storia della cappella comincia nel 1971, quando Jim Reed, nativo di Pine Bluff, Arkansas, acquistò terra a Eureka Springs, Arkansas, per costruire la sua casa di riposo. Altre persone ammirarono la sua posizione e spesso si fermavano alla sua proprietà per avere una migliore visione delle splendide colline di Ozark. Un giorno, mentre camminava per la collina verso la sua casa, gli venne l’idea che lui e sua moglie dovessero costruire una cappella di vetro nei boschi per dare ai passeggeri un posto dove riposarsi, riflettere e rinfrescare. Ha chiesto al suo amico architetto Fay Jones di progettare la cappella. Se si cammina in questa piccola cappella immersa nelle montagne di Ozark, è probabilmente colpito per la magnificenza e per l’aspetto mastodontico, nonostante la cappella sarebbe facilmente inserita in uno dei transetti della Cattedrale Nazionale di Washington, eppure appare decisamente più grande. American Institute of Architects (AIA) l’ha scelto come la quarta opera di architettura più impressionante del XX secolo. Dal 10 luglio 1980, giorno in cui la cappella Thorncrown è stata aperta al pubblico, oltre cinque milioni di persone l’hanno visitata, vincendo numerosi premi architettonici. La cappella è realizzata con tutti i materiali organici per adattarsi al suo ambiente naturale, i materiali da costruzione con cui è stata realizzata sono prevalentemente tronchi di pino locali e gli elementi più grandi dell’edificio, come i tralicci, sono stati assemblati sul pavimento e messi in posizione. Di giorno i giochi di luce e ombre svolgono un ruolo importante nell’atmosfera di Thorncrown, di notte viceversa il riflesso delle luci atrtraverso le croci delle capriate lignee circondano il bosco intorno alla ed essa. La cappella è completamente in simbiosi con la natura, diventando parte integrante di essa. Dal punto di vista delle scienze cognitive è possibile fornire alcune ipotesi plausibili sulle esperienze emozionali associate alla Cappella Thorncrown.

La cappella di Thorncrown di notte, Fay Jones

La cappella di Thorncrown di notte, Fay Jones, Eureka Springs in Arkansas, Stati Uniti d’America 1980. [http://www.ddarcart.com]

Le nostre esperienze progettuali tra architettura e neuroscienza

 E’ nel 2013, grazie ad un seminario di tre giorni, che i riflettori iniziano ad essere puntati sul vasto ed interessante mondo scientifico delle neuroscienze e delle sue possibili implicazioni con l’architettura, compresa la potenza intellettuale della materia, sin dal primo approccio non si può non essere consapevoli dell’importante responsabilità che gli architetti e i progettisti del nostro tempo hanno nel progettare sapientemente un manufatto, un quartiere o una città.

Scoperta tale frontiera, diviene un obbligo morale e professionale cercare con importanti opere di persuasione di erudire i committenti sui benefici che la neuroarchitettura può apportare anche nelle semplici abitazioni. L’informazione, questa è la chiave di volta: è doveroso, oltre che giusto, informare anche il committente che deve semplicemente ristrutturare il proprio appartamento, in modo che quelle nozioni, purtroppo oggi ancora poco diffuse, se pur in maniera superficiale passino di “bocca in bocca” e il tema diventi virale. Ad ogni colloquio ad ogni incontro con i committenti, dopo aver parlato di tutte le logiche sottese alla progettazione architettonica, ogni professionista del settore dovrebbe argomentare circa la neuroscienza applicata all’architettura e illustrare che esiste un legame inscindibile tra essere umano e ambiente che lo circonda e che lo stesso influisce considerevolmente sull’umore e sullo stato d’animo delle persone. Il più delle volte, la  risposta che si riceve da parte del cliente medio, purtroppo ancora non abbastanza informato sulla materia, è lo scetticismo in linea con l’inconsapevolezza che la complessità della materia porta con sé. Con ampia probabilità si può affermare che il problema sia di carattere informativo e quindi culturale, non esiste nelle persone comuni alcuna nozione o familiarità con l’argomento, il che crea un distacco e una diffidenza importante che non permette di sperimentare nella pratica le importanti teorie di cui gli scienziati discutono. Ad oggi possiamo dire che in tutti i nostri progetti, con la consapevolezza o meno della committenza, sperimentiamo ed innestiamo elementi, trame, strascichi o solo patchwork materici, con l’obbiettivo di applicare gli studi dei ricercatori sul campo pratico, cercando ed analizzando poi le risposte concrete.

Durata In Anni 1 Anno 2 Anni 3 Anni 4  O Piu Anni
il tuo living/zone pubbliche della tua casa/negozio/ristorante/altro credi siano rilassanti? si – forse – no –

(se no cosa in cosa li miglioreresti?)

si – forse – no –

(se no cosa in cosa li miglioreresti?)

si – forse – no –

(se no cosa in cosa li miglioreresti?) si – forse – no –

si – forse – no –

(se no cosa in cosa li miglioreresti?)

la tua camera da letto è confortevole? Ci  dormi bene? si – forse – no –

(se no cosa in cosa li miglioreresti?)

si – forse – no –

(se no cosa in cosa li miglioreresti?)

si – forse – no –

(se no cosa in cosa li miglioreresti?)

si – forse – no –

(se no cosa in cosa li miglioreresti?)

gli spazi della tua casa/negozio/ristorante/altro credi siano ben calibrati? si – forse – no –

(se no cosa in cosa li miglioreresti?)

si – forse – no –

(se no cosa in cosa li miglioreresti?)

si – forse – no –

(se no cosa in cosa li miglioreresti?)

si – forse – no –

(se no cosa in cosa li miglioreresti?)

i colori, i materiali e gli elementi decorativi dei vari ambienti della tua casa/negozio/ristorante/altro sono soddisfacenti? si – forse – no –

(se no cosa in cosa li miglioreresti?)

si – forse – no –

(se no cosa in cosa li miglioreresti?)

si – forse – no –

(se no cosa in cosa li miglioreresti?)

si – forse – no –

(se no cosa in cosa li miglioreresti?)

le forme degli arredi, dei muri e delle componenti materiche della tua casa/negozio/ristorante/altro ti piacciono? si – forse – no –

(se no cosa in cosa li miglioreresti?)

si – forse – no –

(se no cosa in cosa li miglioreresti?)

si – forse – no –

(se no cosa in cosa li miglioreresti?)

si – forse – no –

(se no cosa in cosa li miglioreresti?)

Tabella n.1

Tuttavia il vero aspetto interessante non risiede nella consapevolezza immediata del committente, ma nel suo feedback emotivo e percettivo nel lungo – medio periodo, dopo aver vissuto e fruito gli spazi per anni. L’analisi dei feedback inizialmente veniva condotta mediante la sottoposizione a mezzo e-mail di semplici domande mirante solo alla valutazione del confort abitativo, al fine di appurare le qualità o i difetti dei singoli progetti. Purtroppo non sempre i

committenti davano il giusto peso ai quesiti sottoposti, infatti sebbene le domande fossero poste in maniera semplice ed accessibile a tutti, spesso le risposte erano superficiali ed affrettate. Così al fine di ottenere un riscontro il più verosimile a quello scientifico la prassi si è evoluta nell’elaborazione di una tabella soddisfazione sottoposta a ciascun committente alla chiusura del cantiere. I committenti hanno la possibilità di compilarla secondo i propri tempi e di restituirla  quando sono certi delle risposte, in questo modo tra la parti si innesca una consapevolezza diversa, più profonda, che rende il questionario maggiormente affidabile. La tabella presenta una riga temporale in alto – si ritiene infatti che l’aspetto temporale sia importante nella fruizione degli spazi –  e 5 domande incrociate nella colonna corrispondente. Le domande per quanto diverse da manufatto a manufatto, celano la stessa curiosità, l’obbiettivo è arrivare alla comprensione delle sensazioni di benessere o stress percepite dagli utenti che fruiscono gli ambienti. Le domande sono poste in modo che ogni risposta sia scevra da condizionamenti e frutto dell’impulso istintivo e delle sensazioni percepite dai committenti.

I risultati ottenuti sono molto interessanti, si riscontra infatti che i manufatti pensati e realizzati con l’utilizzo di forme organiche, riscuotono un grosso successo, con feedback sempre positivi lungo tutto il periodo temporale di riferimento della tabella. Estraendo i dati delle tabelle dei singoli progetti, le risposte date evidenziano che ad esempio nei luoghi destinati al confort come camere da letto, stanzette ed anche i bagni, si preferiscono colori e rivestimenti con trame tenui, solamente se hanno una tonalità dal blu in giù. Di contro nei medesimi ambienti i colori e rivestimenti di tonalità sempre tenui ma questa volta nella tonalità dal rosso in su, risultano gradevoli solo nel breve periodo, divenendo stancanti invece nel lungo periodo. I dati raccolti ci informano che l’uso di forme organiche nelle abitazioni sono percepite come gradevoli dagli utenti e che il dato resta tale nel tempo, e ancora che ambienti illuminati con luce soffusa e tendente verso il giallo – circa 3000 kelvin – inducono l’individuo alla relax, mentre al contrario quelli con un’illuminazione fredda – circa 6000 kelvin – inducono  allo stress con forte concentrazione e attenzione negli individui. Alla luce delle sperimentazioni eseguite i dati raccolti sono ancora incompleti e forse superficiali, per riuscire ad applicare le teorie in maniera più scientifica bisognerebbe implementare il lavoro di raccolta dati anche fase iniziale, acquisendo anche i dati ingresso relativi alle esigenze dei committenti con i loro nuclei familiari e delle loro ambizioni di vita future. Consentendo cosi una progettazione degli ambienti che sia polivalente in grado di soddisfare anche le eventuali esigenze future e prevederle.

Durata In Anni 1 Anno 2 Anni 3 Anni 4  o Più Anni
Credi di implementare il tuo nucleo familiare? si – forse – no –

altro ( se altro scrivere cosa)

si – forse – no –

altro ( se altro scrivere cosa)

si – forse – no –

altro ( se altro scrivere cosa)

si – forse – no –

altro ( se altro scrivere cosa)

Credi di aver bisogno di spazi utili allo studio/lavoro? si – forse – no –

altro ( se altro scrivere cosa)

si – forse – no –

altro ( se altro scrivere cosa)

si – forse – no –

altro ( se altro scrivere cosa)

si – forse – no –

altro ( se altro scrivere cosa)

Prevedi di ospitare spesso persone? si – forse – no –

altro ( se altro scrivere cosa)

si – forse – no –

altro ( se altro scrivere cosa)

si – forse – no –

altro ( se altro scrivere cosa)

si – forse – no –

altro ( se altro scrivere cosa)

Pensi di trascorrere la maggior parte del tuo tempo nel living? si – forse – no –

altro ( se altro scrivere cosa)

si – forse – no –

altro ( se altro scrivere cosa)

si – forse – no –

altro ( se altro scrivere cosa)

si – forse – no –

altro ( se altro scrivere cosa)

Pensi di trascorrere la maggior parte del tuo tempo nella camera da letto? si – forse – no –

altro ( se altro scrivere cosa)

si – forse – no –

altro ( se altro scrivere cosa)

si – forse – no –

altro ( se altro scrivere cosa)

si – forse – no –

altro ( se altro scrivere cosa)

Pensi di trascorrere la maggior parte del tuo tempo in cucina? si – forse – no –

altro ( se altro scrivere cosa)

si – forse – no –

altro ( se altro scrivere cosa)

si – forse – no –

altro ( se altro scrivere cosa)

si – forse – no –

altro ( se altro scrivere cosa)

Tabella 2

La tabella 2 su esposta, dovendo essere ancora ben calibrata in base alla sperimentazione risulta ancora in fase di elaborazione, si consideri per tanto la precedente tabella al solo titolo di esempio.

 

Un caso studio – Un parco per il Pausilipon, breve tregua dal dolore

Riqualificazione della sala d’attesa dell’ospedale pediatrico oncologico Pausilipon di Napoli

Nel 2014, i Rotaract Club -estensione giovanile dell’associazione Internazionale Rotary club- di tutta Italia unirono le forze e finanziando in cooperazione un unico progetto denominato “Dreambox”. L’obiettivo del progetto era realizzare una sala d’attesa a scopo ludico-ricreativo in uno degli ospedali pediatrici tra quelli Italiani, al fine di portare giovamento e benessere pfsicofisico ai giovani pazienti delle strutture ospedaliere. Le aree di progetto erano individuate dal Rotaract in sinergia con i presidi sanitari, in base alle esigenze e alle carenze di ogni singola struttura ospedaliera. Il concorso prevedeva un rigoroso “tetto di spesa” a cui ogni team doveva necessariamente attenersi. Alla competizione presero parte team di quasi tutte le regioni d’Italia, proponendo progetti nei vari ospedali pediatrici Italiani: l’Ospedale pediatrico Bambino Gesu’ di Roma, l’Istituto Giannina Gaslini di Genova, l’Azienda Ospedaliera Anna Meyer di Firenze e anche la Struttura Complessa di Pediatria Oncologica della Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano. Lo studio “antoniodimaro&Partners” fu incaricato di concorrere in rappresentanza del Distretto 2100, espressione rotariana della Regione Campania e Regione Calabria, occupandosi della sala d’attesa dell’ospedale pediatrico oncologico “Pausilipon” di Napoli. La sala d’attesa dell’ospedale Pausilipon risultava concepita male, sia per la sua errata configurazione spaziale che per la scelta degli arredi e dei colori, inoltre, posta in una zona di collegamento tra la radiologia e l’accettazione, era permeata di continuo da personale sanitario, da carrozzine e da ospiti della struttura. Il tutto comportava uno stato di confusione visiva e fruitiva che certamente non si addiceva allo scopo per il quale era stata concepita. La cosa che colpì maggiormente il team incaricato della progettazione al momento del sopralluogo, fu il contatto con i pazienti, con i loro

genitori e con il personale sanitario che risultò molto forte dal punto di vista emotivo. La maggior parte di quei bambini aveva un sistema immunologico molto debole, che li costringeva a rimanere per lunghi periodi all’interno della struttura ospedaliera evitando possibilmente ogni contatto con gli ambienti esterni per scongiurare il rischio di infezioni; a tutela dei piccoli pazienti, difatti fin da subito l’Istituto, tra gli obblighi e gli obiettivi progettuali, impose l’utilizzo di materiali asettici e facili da sterilizzare. Il progetto si sarebbe inserito in un contesto umano molto delicato con l’ambizioso obiettivo di realizzare una sala non solo funzionale, ma che riuscisse perfino a donare un po’ di “sollievo” ai fruitori di quegli spazi, compresi i genitori che, insieme ai figli affrontano il lungo e difficile percorso ospedaliero. Il presidio ospedaliero chiedeva inconsciamente di andare “oltre” l’architettura, oltre la percezione puramente materica della stessa, intendeva realizzare un’ambiente che interagisse costantemente con i fruitori. Questi aspetti emozionali, apparentemente lontani dal mondo dell’architettura modificarono ed influirono totalmente l’approccio alla progettazione architettonica.

 La sala d’attesa dell’Ospedale Pausilipon prima della ristrutturazione, Napoli2014 [archivio fotografico privato, antoniodimaro&Partners architects, 2014]

Il team di lavoro dopo lunghe analisi conoscitive e progettuali sulla sala, pensò di portare il “bosco” nel ospedale, con l’intenzione di donare ai bambini, impossibilitati, contatto con l’ambiente l’esterno, facendogli vivere se pur in maniera artificiale tutte le sensazioni e le percezioni multisensoriali legate all’esperienza di una passeggiata al parco. Nelle intenzioni progettuali, la permanenza o anche il solo attraversamento della sala, dovevano tramutarsi in un’esperienza multisensoriale che coinvolgesse completamente tutti i sensi del fruitore, inserendolo in un ambiente artificialmente ricostruito e che desse benessere e piacere psicofisico. L’idea quindi, era quella di far entrare la “vita” nell’ospedale mediante la riproposizione, in piccola scala, di un bosco, con tutti gli elementi che lo caratterizzano, partendo da quelli naturali: cielo, nuvole, alberi, prato, uccelli, sassi, fino ad arrivare a quelli antropici: strada, attraversamenti pedonali, panchine, biciclette, casette. L’ambiente è diviso in compartimenti visivi e funzionali entro i quali gli utenti, principalmente i bambini, possono muoversi liberamente, al contempo provando ad ogni sposamento motorio o visivo le medesime sensazioni piacevoli di stare in un parco all’aperto. Il fil rouge progettuale è costituito da una vera e propria strada che attraversa l’intera sala d’attesa, collegando l’accettazione con la radiologia dell’ospedale, ai margini di essa, lungo i lati, vi sono diverse aree tematiche con l’obiettivo di donare di volta in volta percezioni sempre diverse agli utenti. Le aree tematiche sono divise in pixel funzionali, ricavati mediante la composizione materica sempre diversa in ogni area del prato verde. L’area giochi da tavolo, ricavata nella zona esposta ad est beneficia di luce naturale diretta. I tavoli studiati e disegnati dal team in base alle esigenze sono retroilluminati e hanno forme organiche e ed ergonomiche, consentono così l’aggregazione nel gioco e la condivisione inconscia delle attività. Nelle aree immediatamente circostanti sono posizionate pietre ed animali per far si che si percepisca la completa immersione in un parco. Sono presenti anche una casetta e uno scivolo con la caratteristiche forme e composizione materica di una capanna nel bosco con l’intenzione di stimolare la coesione sociale e l’aggregazione motoria. Un’ area adibita alle esperienze multimediali – TV, videogames e giochi interattivi – è stata creata nella zona a ridosso della radiologia. All’ingresso della sala del parco, sono state poste delle sedute per i genitori con le forme della natura e posizionate in modo che gli stessi possano vigilare costantemente sui loro figli. Tutte le forme presenti sono state realizzate da un’azienda italiana e sono studiate per trasferire al tatto le medesime sensazioni degli elementi che riproducono, cosi facendo la visualizzazione celebrale è supportata anche da quella tattile facendo risultare l’esperienza verosimile. I componenti usati per realizzare la strada e il prato dovevano per obbligo di legge essere in materiale plastico e dovevano avare una superficie facilmente pulibile, inoltre ai bordi della sala il materiale che riveste il pavimento doveva girare e salire per almeno 30 centimetri sulle pareti. Risultava evidente che gli obblighi legislativi imposti dalla struttura erano limitanti ai fini del raggiungimento del risultato sperato e dovevano essere superati con estro creativo. Cosi il team dopo giorni di studi e contrattazioni con i tecnici dell’azienda tedesca produttrice del materiale per il rivestimento del pavimento, sui possibili modi per realizzare un materiale che cambiasse composizione materica, colore e che risultasse al tatto sempre diverso, fece ideare, mandare in produzione e inserire nell’elenco dei materiali oggi disponibili sul mercato, le attuali texture del prato e della strada. Il prato che riveste la pavimentazione della sala è stampato su un materiale plastico, è nato mediante la composizione e successiva fusione fotografica di 20 scatti fatti a più prati verdi in tutte le condizione meteorologiche e di esposizione luminosa, dopo la materializzazione di una singola immagine, la stessa è stata utilizzata e riprodotta sul materiale mediante l’utilizzo di una scanner ad alta definizione. La medesima procedura ha interessato la zona asfaltata della strada. Per il risvolto di 30 centimetri sulla parete, l’azienda realizzò delle trame di materiale con un colore di verde più intenso e stampata con una maggiore intensità di pixel, in questo modo la lettura visiva donava una naturale profondità di campo e ampiezza alla sala. Chiaramente i materiali de quo nel catalogo prodotto portano ancora oggi il nome “Dreambox”.

 

La sala d’attesa dell’Ospedale Pausillipon nel giorno della sua inaugurazione

La sala d’attesa dell’Ospedale Pausilipon nel giorno della sua inaugurazione, Napoli 2014 [archivio fotografico privato, antoniodimaro&Partners architects, 2014]

La vistaMediante gli studi sulle proporzioni, sulla prospettiva architettonica, sui disegni degli alberi e sulla composizione della texture del verde, il campo visivo dell’utente risulta ingrandito cosi da trasmettere la percezione di uno spazio architettonico più ampio di quanto realmente sia, inoltre ogni angolo della sala è completamente rivestito con una texture con la fedele riproduzione in 3 dimensioni di ogni elemento della natura: alberi, prato, cielo o nuvole. Le vernici usate per la decorazione delle pareti e del soffitto è a cristalli liquidi, in questo modo il colore e l’intensità degli alberi e delle nuvole cambiano a seconda della posizione dell’utente ed in funzione della quantità di luce che ricevono, così che l’occhio e le trame riprodotte risultano dinamiche e verosimili. Gli elementi di arredo, riproducono un bosco, con le sue forme organiche sempre diverse: sassi, trochi d’albero, alberi e quelle animali: orsacchiotti, pinguini, fantasmini, di notte fungono da fonti di illuminazione artificiale, disposti nella sala in posizione strategica tale da riprodurre fedelmente le variegata composizione delle forme di vita presenti in un bosco.

L’illuminazione artificiale –  Con un particolare studio sulla luce artificiale, sulla sua intensità, sul suo colore e sulla posizione dei corpi illuminanti, il parco del Pausilipon replica artificialmente il susseguirsi del giorno e della notte, equilibrando cosi il ciclo circadiano degli occupanti lungo l’intero arco del giornata, in pratica se all’esterno è notte, quando si entra nella bosco del Pausilipon si trova la notte e viceversa, in questo modo ai fruitori è assicurata la perfetta corrispondenza tra l’alternarsi del giorno e della notte, alternanza che la memoria celebrale dell’uomo rischia di dimenticare quando è costretto a vivere per lunghi periodi in un luogo chiuso. Di notte i corpi illuminanti presenti al soffitto perdono la loro intensità luminosa, così il bosco, gli alberi ed il cielo si scuriscono per lasciare spazio a quella degli elementi organici posti al suolo, in questa fase gli orsacchiotti, i pinguini e gli tutti elementi organici che arredano la sala si illuminano di luce calda di circa 3000 kelvin, generando un effetto notturno e confortevole che stimola il sonno.

L’uditoDal punto di vista audiometrico, per separare nettamente la sala rispetto agli altri ambienti dell’ospedale, a tutte le pareti perimetrali è stata inserita una membrana in lana di roccia ad alta densità, successivamente rivestita con intonaco e poi tinteggiata. In questo modo si evita che i rumori tipici di un ospedale in attivo, possano distrarre l’utente dalla sua esperienza nel bosco. Per ricreare un ambiente verosimilmente vicino a quello di un bosco è stato realizzato un sistema di filodiffusione con fonti sonore nascoste “tra le nuvole” al soffitto e nelle pareti “tra gli alberi”, il compito di quest’ultimo, oltre a quello riportare le comunicazione ufficiali dalla struttura, è quello di riprodurre in maniera continuativa i suoni tipici della natura, se si entra nella sala d’attesa del Pausilipon infatti, si sentono in sottofondo uccelli, grilli e il vento che spira. Un grosso lavoro sul suono è stato fatto anche per attenuare i rumori provenienti dagli stessi fruitori della sala, che rischiavano di generare caos sensoriale, così gli stessi pannelli in fibra di roccia ad alta densità sono utilizzati per le partizioni verticali, sono stati posti anche nelle strutture che compongono il controsoffitto, successivamente dipinti con le nuvole ed il cielo.

Il tatto – Nella sala d’attesa, il senso del tatto risulta costantemente stimolato, in considerazione della giovane età del fruitori la composizione materica della pavimentazione cambia a seconda del posto in cui l’utente si trova, mediante la scelta dei materiali e della loro composizione materica la sala è stata compartimentata inducendo il fruitore ad un percorso preimpostato. La strada che collega l’accettazione alla radiologia è realizzata con un materiale più ruvido rispetto alle aree a vedere laterali, in questo modo si cerca di “allontanare” il bambino da quel luogo che risulta essere in uso anche dal personale sanitario. Gli alberi ed il sottobosco riprodotto ai muri presentano una tridimensionalità ed una ruvidezza materica ogni volta diversa, così da indurre sensazioni tattili variegate. Gli orsacchiotti, il maialino o lo pietre, hanno tutti una composizione materica verosimile, così da ricreare anche dal punto di vista tattile un ambiente simile a quello esistente in natura. L’interazione ed il connubio di più fattori sensoriali inseriti nel parco del Pausilipon genera un’esperienza molto forte nei fruitori. Nel parco del Pausilipon, così come in natura, il tatto riveste un ruolo importante nella scoperta delle varie aree funzionali, degli animali e dei materiali che ripropongono il bosco.

 L’analisi e i risultati ottenuti dalla sperimentazioneConsiderato il perentorio divieto della struttura di sottoporre la tabella di valutazione ai genitori e l’impossibilità di interrogare i bambini durante la permanenza nella sala,  il team, ha trascorso ore nell’osservare le risposte emotive dei fruitori della sala. I risultati come spesso capita sono stati variegati, alcuni hanno chiarito e consolidato studi già importanti e navigati, altri invece hanno sorpreso dando un punto di vista totalmente nuovo ed inaspettato alla sperimentazione.

Le logiche sottese di maggiore ruvidezza della strada che collega accettazione e radiologia della sala, hanno realmente dato i risultati sperati, difatti i bambini, dopo un primo approccio conoscitivo alla materia, si allontanavano non tornandoci su e addirittura per raggiungere le aree situate nel lato opposto ad essa utilizzavano le preposte strisce pedonali realizzate con una tonalità di bianco e con la stessa ruvidezza materica del prato. Nella maggior parte de casi nel percorre le suddette strisce saltavano da striscia a striscia senza indagare la texture nera dell’asfalto. Anche nel caso degli elementi materici organici o animali, la reazione è stata come da aspettative, i bambini, dopo aver indagato con scrupolo cognitivo gli elementi erano successivamente attratti sia dalle loro forme che dalla loro componente materica che rispecchiava verosimilmente quella reale creando un empatia o se si vuole “simulazione incarnata” con essi. Nella maggior parte dei casi i bambini erano spinti ad abbracciare i piccoli animali, in qualche caso si attivava anche una conversazione animata, mimando o simulando i gesti tipici dell’animale in questione. Il numero di interazione emotiva – abbracci – con gli animali aumentava quando gli stessi, nelle ore notturne, risultavano illuminanti con luce calda, con molta probabilità i corpi illuminanti donando calore anche materico oltre che visivo agli oggetti spingevano gli utenti al contatto con essi. I giochi da tavolo incoraggiavano l’interazione tra i bambini attratti nella la maggior parte dei casi dall’interesse mostrato dal suo coetaneo per quella attività. Si innescava una reazione a catena verso l’interesse per quella attività che diventava motivo di condivisione e di conoscenza tra le parti. Si è riscontrato infatti, che molto spesso l’attività ludica creata dai progettisti, dopo un primo approccio conoscitivo veniva messa in secondo piano per la forte interazione che si innescava tra i bambini.

Il caso della casetta e dello scivolo, invece, hanno avuto riscontro negativo, i bambini infatti erano subito attratti da quella attività, ma in quel caso si innescava la reazione inscoscia dei genitori che abbandonavano la loro seduta posta all’inizio della sala e invadevano l’area dei bambini, il tutto creava un caos funzionale importante, che interrompeva ogni volta l’interazione tra loro. Un elemento che ha attirato l’attenzione è stato quello inerente la percezione audio che i bambini avevano. In molti casi infatti, attratti dai suoni generati dalle fonti sonore, i bambini erano impegnati nella spasmotica ricerca della loro provenienza, perdendo di vista l’aspetto socializzativo che il team aveva a cuore, inoltre una volta individuata la posizione della fonte sonora, nella maggior parte dei casi si è assistito alla volontà di estirparla dalla sua sede. In questo caso, la diversificazione della posizione delle fonti sonore, compreso anche nelle partizioni verticali, pensata per rendere la simulazione verosimile, si è dimostrata un errore progettuale. Un altro elemento che ha incuriosito gli osservatori è stato lo scarso, utilizzo fatto degli apparecchi multimediali – televisore, giochi virtuali etc -, si è riscontrato infatti, che tranne in qualche raro caso nel qualche il bambino si isolava completamente nel guardare la TV, nella maggior parte gli apparecchi multimediali non venivano usati. I bambini presi dal fermento emotivo della scoperta di ogni singolo elemento che successivamente metteva in socializzazione tra loro non utilizzavano né videogiochi né TV. Questo aspetto ha colpito il team forse più di tutti gli altri, in quanto apre la strada ad importanti riflessioni sul modo che gli architetti e i progettisti hanno nel realizzare i loghi, soprattutto quelli adibiti alla socializzazione. Nell’osservare le attività dei fruitori si è notato come tutte le novità multisensoriali attiravano la curiosità dei bambini, che nell’indagare ogni volta un nuovo elemento tornavano dai genitori per avere un riscontro immediato sulla questione. Osservando i genitori si è notato che anch’essi seduti nell’area dedicata a loro, nella maggior parte dei casi socializzavano e traevano benessere momentaneo da quell’esperienza.

Conclusioni

A monte dell’esperimento fatto e considerata la moltitudine di elementi presi in esame, le considerazioni da fare meriterebbero un dissertazione importante. Da una mera analisi visiva fatta di lunghe e costanti osservazioni tenute durante le varie ore del giorno, da un punto di vista “non scientifico”,  pare che l’esperimento sia riuscito nel compito che si era preposto, quello di donare benessere e piacere, se pur momentaneo, agli utenti della struttura. Difatti entrare nel parco del Pausilipon e nell’investigare tutte le sensazioni che l’architettura suscita, può alleviare o almeno allontanare per qualche momento il senso di oppressione generato da quella pesante situazione emotiva vissuta dai bambini e dai genitori. Il senso di piacere nel trovare e interagire con gli elementi della natura a cui “l’uomo appartiene” dentro una sala d’attesa di un ospedale oncologico è generato dagli stimoli inconsci della mente che la neurologia sta negli ultimi anni investigando.

Si è sempre più coscienti dell’importante responsabilità che gli architetti e i progettisti del nostro tempo hanno nel realizzare manufatti e del determinante contributo che possono dare alla società, soprattutto in esempi come quello del Pausilipon, appena esposto. Le strutture ospedaliere, le scuole, gli uffici, ma anche le semplici abitazioni, possono godere degli spunti di benessere che i neuroscienziati insieme agli architetti possono generare.

Risulta evidente però, che la mera analisi visiva fatta di osservazioni, porta con sé importanti limiti strutturali alla ricerca e soprattutto non avendo riscontri scientifici dei risultati ottenuti, il rischio è di procedere a “tentoni”, sprecando così tempo ed energie in attività che potrebbero essere molto più produttive. Se solo il mondo della ricerca e quello delle professioni lavorassero in sinergia, progetti come il Pausilipon potrebbero dare importanti risposte di valore scientifico, che farebbero da guida alle future generazioni o come già accennato in prefazione, potrebbero entrare addirittura nell’ordinamento legislativo.

 

BIBLIOGRAFIA

Marco Vitruvio Pollione, 1997. De architectura, Torino: Einaudi Editore.

Bellini, E Bocci, P Fossati, R Spinelli, 1994. Lo spazio terapeutico. Un metodo per il progetto di umanizzazione degli spazi ospedalieri. Firenze: Alinea Editrice.

Harry Francis Mallgrave, 2013. L’empatia degli spazi, Architettura e Neuroscienze, Milano: Raffaello Cortina Editore.

Vilayanur Subramanian Ramachandran , 2011, The Tell-Tale Brain, New York: W.W. Norton & Company. Inc.

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Come scegliere il divano giusto, ecco una guida completa! https://www.antoniodimaro.it/come-scegliere-il-divano-giusto-ecco-una-guida-completa/ https://www.antoniodimaro.it/come-scegliere-il-divano-giusto-ecco-una-guida-completa/#respond Fri, 14 Jul 2017 10:02:00 +0000 https://www.antoniodimaro.it/?p=2938 L'articolo Come scegliere il divano giusto, ecco una guida completa! proviene da Antonio Di Maro | Architetto Napoli.

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Dal ‘700 ad oggi ne ha fatta di strada: introdotto nel mondo occidentale dall’Impero Ottomano, originariamente una panca in legno imbottita e munita di braccioli, oggi il divano è diventato l’emblema della comodità, del relax e del design.

Il divano è ormai uno degli elementi d’arredo principali e più in vista in ogni casa e nella nostra epoca ci si presentano infinite opzioni quando si tratta di scegliere un divano.

Potresti pensare di sapere esattamente quello che vuoi, ma quando entri in un negozio o inizi la ricerca delle immagini, gli stili, le forme e le alternative di personalizzazione del tuo divano la scelta diventa più difficile.

Ecco allora una pratica guida per scegliere il divano perfetto!

Trovare il divano ideale non è semplice, certo, ma partendo dalle basi si può tranquillamente arrivare a selezionare il divano dei sogni in base alle proprie esigenze, allo spazio a propria disposizione e al proprio stile di arredamento.

Per scegliere il divano più adatto alle proprie esigenze bisogna quindi tener conto dei seguenti elementi: lo spazio a disposizione, i componenti della famiglia e le loro esigenze, l’uso che vorrete fare del divano, lo stile di arredamento dell’ambiente circostante.

LO SPAZIO

Innanzitutto, è bene valutare la grandezza dell’ambiente soggiorno che ospiterà il divano, poiché le dimensioni del divano dovranno essere proporzionate a quelle della stanza, in modo da non apparire inadeguato e di ostacolare il passaggio delle persone.

Se avete poco spazio a disposizione è opportuno scegliere un divano a due posti o in alternativa due poltrone. Per far fronte alle esigenze di spazio in ambienti piccoli il nostro consiglio in più è quello di optare per un divano con contenitore, in modo da “salvare spazio” dove poter riporre piccoli oggetti.

Solitamente le misure standard di un divano due posti sono: larghezza da 150 a 185 cm ed profondità di circa 90 cm. Mentre il divano tre posti è largo almeno 200 cm.

Se invece lo spazio a vostra disposizione è ampio scegliete un divano più grande, nelle varianti che preferite: divano con penisola o senza, divano ad angolo, etc.

In un’ open space di grosse dimensioni il divano può fungere da elemento divisorio tra la zona relax-conversazione e la zona pranzo. In questo caso dovrete posizionarlo al centro della stanza, con lo schienale rivolto verso il tavolo da pranzo.

Per capire quanto spazio destinare al vostro divano è importante anche valutare se si vogliono includere nella zona divano un tavolino, una poltrona o altri elementi di arredo. In caso di risposta positiva, lo spazio destinato al divano si ridurrà.

Indipendentemente dallo spazio a disposizione cercate di scegliete un divano le cui dimensioni consentano di lasciare gli spazi necessari per muoversi senza difficoltà.

Per capire quale divano poter scegliere in base allo spazio tenete presente che le misure standard per tipologia di divano sono:

  • Divano con penisola cm 250 x 160
  • Divano ad angolo cm 250 x 200
  • Divano con angolo terminale cm 270 x 230.

 

I COMPONENTI DELLA FAMIGLIA

Non solo il numero delle persone che vivono in casa, ma anche e soprattutto le abitudini di vita e le necessità di ognuna di esse, rappresentano senz’altro un elemento fondamentale per la scelta del divano giusto.

Infatti, mentre il divano da due o tre posti è adatto per una coppia, una famiglia numerosa avrà sicuramente bisogno di qualche seduta in più.

Se la casa è animata dalla presenza di bambini, sarà consigliabile scegliere un divano resistente alle sollecitazioni e alle macchie, possibilmente foderato con un materiale lavabile.

Nel caso invece di presenza in famiglia di una persona anziana o con problemi alla schiena, si dovrebbe scegliere un divano comodo che integri una postazione relax con seduta ergonomica.

 

L’USO

Altro elemento importante è l’uso a cui dovrà rispondere il vostro divano.

Organizzare con successo uno spazio di vita inizia con l’analisi del tuo stile di vita. Cosa fai di più in questo spazio? Usi il divano per il relax davanti alla televisione? Per lettura e conversazione? Gli spazi sono ridotti e servirà aggiungere un posto letto?

Solo rispondendo a queste domande non sbaglierete nella scelta del divano più adatto a voi.

Se si preferisce il relax la scelta è d’obbligo: divano morbido e grande! E perché no, che integri una comoda chaise longue o una penisola dove potersi sdraiare.

Ma attenzione l’ingombro di tale tipologia richiede molto spazio.

Se invece al relax si preferisce trascorrere il proprio tempo libero a dialogare con gli ospiti, un divano più rigido e di dimensioni più ridotte risulterà sicuramente più formale e adatto a conversare, tuttavia, anche in questa ipotesi, non trascurate la comodità.

Il segreto della “giusta comodità” è tutto nella profondità del sedile! Fa la differenza tra un divano in cui puoi “sprofondare” per guardare un film e uno dove chiacchierare con gli ospiti offrendo un cocktail. Ecco uno schema chiaro e semplice per scegliere la profondità giusta del vostro divano:

  • 45 cm: per un divano moderno ed elegante, ma poco accogliente.
  • 55 cm: profondità minima per sedersi comodamente, ma ancora elegante.
  • 60 cm: Basta abbastanza profonda per sdraiarsi (solo).
  • 80 cm: quel tuffo che ti fa dire: “Forse dormo qui stanotte”.

Nel caso che il principale impiego del divano sia quello di vedere comodamente la TV, ricordate di posizionarlo alla giusta distanza. Per tale motivo vi consigliamo di leggere anche l’articolo “Come posizionare la televisione rispetto al divano per guardarla al meglio?”.

Se il divano funge anche da angolo lettura non dimenticate di dotarlo di illuminazione adeguata.

Infine, se gli spazi in casa sono ridotti e avete intenzione di usare il divano come letto di emergenza per gli ospiti prendete in considerazione al momento dell’acquisto la funzione letto.

divano multifunzione

COMODITA’

Come già detto, indipendentemente dalla destinazione funzionale, non c’è dubbio che per scegliere il divano giusto si deve tenere conto della sua comodità.

Un divano comodo deve avere corretta seduta per evitare errate posture. Le regole generali vogliono che l’altezza del sedile deve essere tale da permettere ai piedi di poggiare al pavimento, mentre i braccioli devono consentire di appoggiare le braccia in modo di attenuare la tensione del collo. Lo schienale poi non dovrebbe essere più corto della spina dorsale.

Contribuiscono al confort del divano, oltre che il tipo di rivestimento, i materiali utilizzati per l’imbottitura. Schiume poliuretaniche, trucioli, piume d’oca ed in ultimo il memory-foam, sono materiali la cui combinazione offre confort diversi.

RESISTENZA

Un divano che duri nel tempo deve avere una struttura in legno massello, in modo da garantire una solidità con il passare degli anni. L’imbottitura per divani può essere realizzata con diversi materiali, solitamente si predilige il poliuretano espanso per la sua resistenza alla deformazione, in alternativa viene utilizzata la gommapiuma o il lattice in fiocchi di silicone.

RIVESTIMENTI

I tanti tipi di rivestimenti disponibili per i divani hanno peculiari caratteristiche che li rendono più o meno confortevoli e soprattutto più o meno resistenti a macchie ed usura.

Ampia scelta risiede nella vastità dei tessuti da rivestimento: dalla pelle alle varie stoffe fino alle fibre sintetiche e ai tessuti naturali come il cotone, la seta, il lino e la lana.

Il divano in pelle, oltre ad essere molto resistente e lavabile, invecchia meglio e resta gradevole nel tempo, ma può essere scomodo d’estate.

Oltre alla piacevole sensazione che offre al tatto, la pelle rende più elegante il divano. In alternativa si può scegliere un rivestimento in similpelle che restituisce sensazioni simili ma è più economico e meno resistente.

I rivestimenti in tessuto hanno il vantaggio di essere molto pratici perché più facili da pulire soprattutto nelle versioni sfoderabili. I tessuti possono essere in fibre naturali o in fibre sintetiche, entrambi si possono scegliere in infinite varianti di tipo, colore e fantasia. In genere i rivestimenti in fibra sintetica sono più resistenti e facili da lavare, ma poco traspiranti.

Per ovviare a tale problema si utilizza un particolare tessuto di fibre sintetiche: la microfibra. Traspirante, gradevole al tatto, lavabile, impermeabile, ma soprattutto confortevole in estate perché fresco, accogliente in inverno perché caldo, per questo motivo consigliatissimo.

Anche la scelta dei tessuti e dei materiali del divano va fatta in funzione delle proprie preferenze e dell’uso che si farà del divano.

 

COLORE

Un divano scuro sembrerà più largo e imponente, mentre un divano chiaro darà all’ambiente un aspetto più spazioso e arioso.

Un tessuto stampato per il divano sarà ottimo per divani che vengono usati moltissimo, oltre che per nascondere le macchie; anche i divani scuri saranno ottimi per camuffare macchie e sporco, e questo li rende ottimi per famiglie con bambini e animali.

Tuttavia, gli interior designer consigliano sempre di acquistare un divano dai toni neutri, come il color beige o il grigio. Non hanno torto, se si pensa che un divano di qualità dovrebbe durare anni ed è possibile che si cambi il colore delle pareti, si mettano delle nuove tende o si acquistino dei nuovi mobili. Un colore neutro starà sempre bene, anche in caso di cambiamenti.

Per scegliere l’accostamento dei colori giusto puoi guardare il nostro articolo i colori, ecco come abbinarli correttamente in casa

La cosa positiva è che con un copridivano non si avranno problemi a cambiare la tonalità del divano. In più, un divano si può modificare utilizzando semplicemente dei cuscini diversi: un divano dal colore neutro cambierà faccia con dei cuscini coloratissimi, ad esempio.

 

Un’ultima cosa che spesso viene trascurata prima dell’acquisto del divano: armatevi di metro e prese le misure verificate se il divano dei vostri sogni passa dal vano scale e dalla porta d’ingresso, diversamente dovrete considerare l’ulteriore spesa per il noleggio di un autoscala esterna.

L'articolo Come scegliere il divano giusto, ecco una guida completa! proviene da Antonio Di Maro | Architetto Napoli.

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L’applicazione dei principi di Bioarchitettura e Neuroarchitettura https://www.antoniodimaro.it/lapplicazione-dei-principi-bioarchitettura-neuroarchitettura/ https://www.antoniodimaro.it/lapplicazione-dei-principi-bioarchitettura-neuroarchitettura/#respond Tue, 27 Jun 2017 10:47:25 +0000 https://www.antoniodimaro.it/?p=2934 L'articolo L’applicazione dei principi di Bioarchitettura e Neuroarchitettura proviene da Antonio Di Maro | Architetto Napoli.

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di seguito l’intervista rilasciata alla piattaforma “ProntoPro” sul nostro modo di concepire e interpretare l’architettura.

https://www.prontopro.it/blog/lapplicazione-dei-principi-di-bioarchitettura-e-neuroarchitettura/

Costruire casa nel 21° secolo non può prescindere da termini come Architettura sostenibile, Bioarchitettura, Neuroarchitettura, green building.

Abbiamo intervistato l’architetto Antonio Di Maro, titolare dello studio di architettura Antonio Di Maro & Partners, che ci ha parlato in modo molto approfondito dei principi cui si ispira lo studio di Architettura Antonio Di Maro.

Quali sono i principi su cui si fonda il vostro studio?

Il nostro studio da sempre si pone alcune “mission” fondamentali per ogni progetto.

La “neuroarchitettura”, scienza che consente attraverso l’uso sapiente dell’interazione tra neuroscienze ed architettura di ottenere effetti benefici sull’individuo.

Architettura sostenibile o “green building, che consiste nel progettare e costruire edifici in grado di limitare gli impatti nell’ambiente, sfruttando ciò che ci offre la natura e al contempo garantendo qualità e riproducibilità delle risorse naturali.

Ed, infine, la “bioarchitettura, che mira all’utilizzo degli elementi presenti in natura come guida per la realizzazione ottimale di spazi confortevoli. Il “pensiero verde” e la natura sono così gli elementi generatori di ogni nostro progetto, che si rivelano attraverso l’uso controllato della luce e la sperimentazione di nuovi materiali.

Neuroarchitettura; di cosa si tratta e come nasce questo filone dell’Architettura? Quali sono le principali tecniche che vengono impiegate a tal fine?

Un architetto può progettare spazi che non solo rispettino determinati canoni estetici, ma che diano anche e soprattutto benessere all’individuo, che aumentino la capacità di concentrazione, che aiutino la guarigione o che siano formativi.

Marco Vitruvio Pollione l’aveva già compreso circa 2000 anni fa: un edificio deve essere forte o durevole nel tempo, utile e bello. L’architettura è arte e soprattutto può migliorare il tenore di vita. Luoghi con determinate caratteristiche ad esempio potenziano fantasia e creatività: gli alunni, in una scuola con aule ben illuminate, si dimostrano più ligi al dovere, così come i pazienti trascorrono una degenza più serena in un ospedale con stanze variopinte. D’altronde c’è un legame intrinseco tra l’ambiente circostante e gli individui: il sistema nervoso riceve e decodifica gli stimoli esterni, come suoni e colori, trasmettendo poi gli impulsi al resto del corpo.

La Neuroarchitettura studia il livello di risposta psicologica umana ai componenti che costituiscono i diversi ambienti. L’obiettivo di fondo è quello di valutare l’impatto che le varie strutture hanno sul sistema nervoso umano e sul cervello.

Tra gli elementi importanti per le neuroscienze dell’architettura dobbiamo assolutamente menzionare luce e colore. Per quanto riguarda il colore, a titolo di esempio, gli studi hanno evidenziato che quando i colori sono più brillanti generano stimoli più forti poiché sono più riconoscibili. Il cervello ricorda più facilmente gli oggetti che sono più notevoli. Se i colori sono utilizzati in connessione con gli spazi, possono quindi rafforzare la posizione degli oggetti nella mappa mentale, e stimolare la memoria. Ad esempio attraverso la scelta e la distribuzione dei colori in un negozio è possibile indirizzare la volontà di acquisto di un cliente verso un certo prodotto piuttosto che un altro. La luce, invece, serve a vari scopi: creare gli spazi per trovare l’orientamento, per rivelare o nascondere determinati volumi, o per attirare l’attenzione su un “compito” se parliamo di ambienti di lavoro. La nostra percezione e il desiderio di luce varia anche in base agli scopi che necessitano di luce; ad esempio, mentre per il pranzo può essere sufficiente una luce, la stessa sarà insufficiente per lo studio.

Il Suono è un’altra variabile importante nella progettazione architettonica. Ad esempio, negli ambienti di formazione ed educazione dei bambini, che sono soggetti che facilmente tendono a distrarsi, la stanza deve produrre una comprensione chiara del suono. La comunicazione verbale deve essere quindi agevole e per questo di solito si utilizza isolare anche i soffitti.

L’Architettura sostenibile e la Bioarchitettura stanno riscontrando un forte interesse nell’ultimo periodo; in che modo vi occupate di queste tematiche all’interno del vostro studio?

Esatto. Promuovere un’architettura responsabile e rispettosa del contesto ambientale attraverso la Bioarchitettura e Architettura sostenibile è la nostra priorità in ogni progetto. Per capire l’importanza e l’attualità di queste tematiche bisogna conoscerle e capire la portata degli “effetti benefici” che possono produrre.

La bioarchitettura presuppone un atteggiamento ecologicamente corretto nei confronti dell’ecosistema e si concretizza in una pratica architettonica rispettosa dei principi della sostenibilità. Si pone l’obiettivo di instaurare un rapporto equilibrato tra l’ambiente ed il costruito, soddisfacendo i bisogni delle attuali generazioni senza compromettere, con il consumo indiscriminato delle risorse, quello delle generazioni future.

Gli edifici progettati secondo i dettami della Bioedilizia, o Green Building, fanno uso di fonti di energia rinnovabili per il riscaldamento e il raffreddamento come l’energia solare per l’acqua calda, il fotovoltaico, le biomasse ed il geotermico.

Il nostro studio nel progettare secondo le “buone regole” della bioarchitettura segue una serie di principi fondamentali come:

  • l’ombreggiamento,
  • la ventilazione naturale,
  • l’isolamento termico,
  • il raffrescamento naturale,
  • la deumidificazione,
  • la protezione dalle precipitazioni,
  • la riduzione delle dispersioni termiche,
  • l’illuminamento naturale e la captazione solare.

Molti sono i fattori da tenere in considerazione, tra i più importanti c’è l’orientamento. Pensare con cura alla disposizione dell’edificio rispetto alla relazione “nord-sud”, per poter avere un soleggiamento corretto e influire sulla capacità di raffrescare gli ambienti interni sfruttando la ventilazione naturale.

Per quanto riguarda invece i materiali bisognerebbe utilizzare materiali naturali, riciclati e riciclabili, seguendo le logiche leed. Non tutti lo sanno, ma per difendere l’abitazione dai raggi solari, che aumentano significativamente il carico termico estivo, è possibile realizzare degli “schermi solari” per la protezione dal sole. Tuttavia, qualora tutte le soluzioni di climatizzazione passiva non bastassero, è possibile integrare con soluzioni di energia rinnovabile, ricorrendo all’uso delle nuove tecnologie per il risparmio energetico come impianto fotovoltaico, eolico, di biogas o geotermico.

L’obiettivo dell’architettura sostenibile è ridurre l’impatto complessivo della edificazione sulla salute umana e sull’ambiente naturale attraverso l’utilizzo efficiente di energia, acqua e altre risorse; attraverso la protezione della salute degli occupanti e il miglioramento della produttività e la riduzione dei rifiuti, dell’inquinamento e del degrado ambientale.

Tra i punti cardine di una “ristrutturazione sostenibile” rientrano senza alcun dubbio la scelta e l’utilizzo di materiali naturali ed ecologici, come il legno, che garantiscono una riduzione del rischio di emissioni inquinanti nell’abitazione e creano un ambiente salubre; il risparmio energetico che si ottiene con un buon isolamento termico prima, e un buon sistema di riscaldamento e/o raffrescamento dopo.

Ancora, l’isolamento acustico, il risparmio idrico, lo studio dettagliato della luce sia naturale che artificiale: più sarà giusta la progettazione illuminotecnica, maggiore sarà il risparmio energetico ed economico.

In ogni lavoro la nostra “missione” è effettuare una progettazione in grado di soddisfare al meglio le richieste dei committenti senza però dimenticarsi della necessità di non stravolgere i ritmi e le risorse naturali, senza portare danni agli altri e cercando di inserirsi in modo armonioso nel contesto.

Per approfondire queste tematiche è possibile visitare la sezione blog del nostro sito www.antoniodimaro.it

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